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Lupu Corneliu Benone - adventist.it · 1 Lupu Corneliu Benone TU ES PETRUS È MAI STATO PIETRO A...

Date post: 16-Feb-2019
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1 Lupu Corneliu Benone TU ES PETRUS È MAI STATO PIETRO A ROMA? Studio storico TRADUZIONE ELVIS DANIEL NATU CORREZIONE CONSANI FRANCESCA DA VALLE ROBERTA GABRIELLI Prima edizione: Titolo originale: A fost vreodata Pietro la Roma?/Corneliu B. Lupu; Bucuresti: Editrice: Viata si Sanatate, 2009 ISBN 978-973-101-216-2 www.viatasisanatate.ro Roma 2013
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Lupu Corneliu Benone

TU ES PETRUS

È MAI STATO PIETRO A ROMA?

Studio storico

TRADUZIONE ELVIS DANIEL NATU

CORREZIONE

CONSANI FRANCESCA DA VALLE ROBERTA GABRIELLI

Prima edizione: Titolo originale: A fost vreodata Pietro la Roma?/Corneliu B. Lupu;

Bucuresti: Editrice: Viata si Sanatate, 2009 ISBN 978-973-101-216-2

www.viatasisanatate.ro Roma 2013

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O sodalizio eletto alla gran cena Del benedetto Agnello, il qual vi ciba

Si, che la vostra voglia è sempre piena… di questo mondo San Pietro coi Santi

del Vecchio e coi Santi del Nuovo Testamento…

Dante, Divina Commedia, Canto XXIV

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INTRODUZIONE

Sono contento di essere stato invitato a scrivere alcune righe di presentazione per questo libro

che affronta un argomento sempre attuale per quanti si cimentano con la lettura seria della Bibbia e vogliono poi confrontarla con i dati storici. Parlare della presenza dell’apostolo Pietro a Roma è certamente una sfida che è stata raccolta dal pastore Cornelio Lupu Benone. Egli in modo disinvolto affronta quest’argomento per offrire delle testimonianze antiche che siano in grado di aiutare i lettori in questo percorso non semplice.

Era importante avvicinarci a Roma – Caput mundi – in punta di piedi e cercare di cogliere il rapporto fra questa città e i primi cristiani. Ci chiederemo come da questo rapporto inizialmente difficile e tormentato, costellato di sangue e persecuzioni si giunge nel giro di un qualche secolo a parlare persino di una supremazia e dominio del cristianesimo cattolico. Una supremazia che si evidenzia sia nell’impero e sia su tutti coloro che non hanno avuto paura di creare nei confronti della chiesa una vera opposizione. Un intero capito è dedicato a ciò per mettere a fuoco vari movimenti di opposizione, in particolare i Valdesi arrivando fino al tempo della riforma e prendendo anche in considerare i teologi moderni.

Gli aspetti archeologici sono di estrema rilevanza e credo che giustamente Benone Corneliu lo sottolinei nel suo libro. Egli riesce saggiamente ad intrecciare le questioni dei ritrovamenti con quelle delle reliquie. Come ci si mette alla ricerca di una tomba e come si arriva ad identificare la tomba di Pietro in Vaticano, ma rimane ancora la domanda: “Sono state veramente trovate le ossa dell’apostolo Pietro a Roma?” Sono state portate delle prove a favore che sono analizzate, ma ci sono anche delle prove a sfavore o se le vogliamo chiamare in altro modo “prove scomode”.

Il volume prende nella dovuta considerazione le testimonianze storiche offerte dai Padri della chiesa: Clemente Romano, Ignazio d’Antiochia e Dionisio di Corinto; per ognuno di essi l’autore dedica un capitolo.

In modo molto saggio l’autore vuole coinvolgere il lettore a farsi una sua idea, presenta la documentazione e le testimonianze ma lascia il lettore con un capitolo conclusivo e dal titolo interrogativo: “E’ mai stato Pietro a Roma ?”.

Stiamo leggendo queste righe, allora abbiamo il volume fra le mani, non ci resta che immergerci con passione in questa lettura che sarà sicuramente stimolante.

Dottore Francesco Mosca1

1 Dottore in Teologia Biblica alla Pontificia Università Gregoriana, Master in teologia Andrews Univeristy, Laurea Storia della Chiesa alla Università di Firenze.

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INTRODUZIONE – EQUIVOCO CON IMPLICAZIONI DOGMATICHE

Il vicepresidente del Senato, qualche anno fa, in una lettera al giornale 30 Giorni, pose il seguente interrogativo: “Quali sono le prove storiche per cui possiamo dire con certezza che il Principe degli apostoli è venuto ed è morto nella capitale dell’Impero?”2

Questa si rivela essere una domanda veramente coraggiosa. Per molto tempo la presenza dell’apostolo Pietro a Roma è sembrata certa dall’essere al di fuori di ogni possibile discussione. La stragrande maggioranza dei cristiani – cattolici, ortodossi o protestanti senza distinzione alcuna – accetta questa dottrina senza porsi alcuna domanda a riguardo. Negare la presenza di Pietro a Roma vuol dire negare anche la legittimazione della Chiesa romana. Chi oserebbe mettere in dubbio le affermazioni di una Chiesa di tali proporzioni?

Ho estremo rispetto per i fedeli cattolici, essendo, molti di loro, uomini che amano Dio. Non voglio mettere in discussione la legittimità della fede e i dogmi, nonostante ciò, davanti ad un evento di tale portata, mi chiedo: E’ mai stato Pietro a Roma? È la sua presenza, un dato storico sostenuto da prove? Queste prove, se ci sono, sono valide?

La risposta a queste domande si scontra da prima con un equivoco grave che si porta dietro un

errore di ricerca e, conseguentemente, porta ad un errore nelle conclusioni. Questo equivoco trae la sua incosciente origine nel fatto che trasforma una situazione storica – la presenza fisica dell’Apostolo – in una assolutamente dogmatica – il Primato papale. In questo modo il soggetto è modificato, da oggetto di ricerca, in dottrina teologica. Le implicazioni di questo equivoco diventano ovvie. La ricerca è condizionata dalle conseguenze teologiche e per questa ragione, gli storici cattolici ed alcuni protestanti, considerano la difesa della tesi dell’arrivo di Pietro a Roma, come un dato morale.

I teologi protestanti tedeschi Harnack, Lietzmann, M. Dibelius,O. Cullmann M. Goguel confermano la venuta di Pietro a Roma. Goguel, riassumendo la sua indagine sulla vita e l'attività dell'apostolo Pietro, dice:

"…non si può avanzare alcun fatto o alcun testo che stabilisca che Pietro non è venuto a Roma e non vi ha subito il martirio. Una critica prudente deve confessare qui la sua impotenza. Una cosa solamente sembra certa, e cioè, che se Pietro è venuto a Roma e vi è morto martire, egli non c'è venuto che tardi”3

Oscar Cullmann va nella stessa direzione:

…egli(Pietro) è venuto a Roma ad una data che non si può determinare, ma che non ha dovuto precedere di molto la sua fine: che egli è morto martire in questa città sotto il regno di Nerone, dopo avervi esercitato la sua attività durante un tempo assai breve."4 Alcuni teologi conservatori vanno anche oltre, affermando che l’arrivo di Pietro sia un atto di

fede e di conseguenza non va sottoposto a ricerca. Il gesuita Giovanni Maria Cornoldi, in una delle tre conferenze, “San Pietro a Roma”, diceva:

“Possiamo noi usare il metodo della ricerca scientifica? In alcun modo! Per noi è un fatto 2In seguito all’introduzione di rigore, il Presidente del Senato, esprime il suo dubbio riguardante l’arrivo di Pietro a Roma. Lui dice quanto segue: “…questo arrivo non sembra essere provato” – frammento della lettera in “Pietro a Roma” di Lorenzo Bianchi 30 Giorni, anno XVIII, febbraio 2000, p. 88-91. 3 M. Goguel, Les premiers temps de l'Église, pp. 220-225. 4 O. Cullmann , Saint Pierre, Neuch&tel 1962, pp. 62-67.

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talmente certo che lo accettiamo allo stesso modo nel quale questa Roma, di oggi, è la Roma dei Cesare di altri tempi. Qui, questo metodo viene escluso.”5 L’affermazione del gesuita è chiara: non c’è posto per la ricerca scientifica in questo ambito.

Nonostante ciò, l’analisi e la ricerca fanno parte della struttura fondamentale della vita e della società. Gli eventi, i fatti storici, le cose, a volte anche gli uomini devono essere sottoposti a prove, dubbi e critiche. Questo fatto è naturale e necessario. Senza ricerca, anche oggi, il mondo si ritroverebbe nel buio dell’età del Medio Evo.

CAPITOLO I

ROMA AETERNA

Sul Palatino fu ritrovato un graffito di età severiana, raffigurante la caricatura di un uomo crocifisso con testa d’asino, con ai suoi piedi un altro uomo in atto di adorazione, il tutto accompagnato dalla scritta: “Alessameno adora il suo Dio”.6

A. LA CITTA’ ED I PRIMI CRISTIANI A ROMA

Gli ultimi raggi di sole si spengono lentamente sopra il Campidoglio. Dopo secoli di luce e

splendore, con il tramonto del sole se ne va via anche la gloria della grande città. Col passare degli anni rimane senza nessun potere politico, resta solo con un immenso valore simbolico; Prima urbes inter, divinum domus aurea Roma (“Prima tra le città, dimora degli dei, l’aurea Roma”)..7 “Tutte le strade del mondo” che per centinaia di anni finivano di fronte al Senato romano, adesso sembravano cambiare rotta, verso Gerusalemme. Roma non sembrava più aeterna…

La morte e la resurrezione di Gesù Cristo, seguita dalla diffusione degli apostoli nei diversi angoli del mondo allora conosciuto, hanno portato alla crescita esponenziale del nuovo impero cristiano. Nessun’altro movimento religioso ha conosciuto una crescita così grande, così straordinaria come il cristianesimo. Il suo splendore non tramonta più.

Quando Gesù è stato crocifisso, i suoi seguaci erano solo poche centinaia. Nei 60 anni successivi, il cristianesimo si è diffuso ovunque trovando il favore di tutte le classi sociali dell’Impero Romano. Gli storici stimano che alla fine del I secolo d.C. vi fossero già almeno 500.000 seguaci. Il ricercatore David Barrett ritiene che al 300 d.C., o nove generazioni dopo Cristo, il 10,4% della popolazione mondiale fosse cristiana. Tra di essi il 66,4% non erano bianchi. Le sacre scritture erano già state tradotte nelle 10 lingue principali dell’epoca e molte di queste venivano usate nella capitale 5 P.Giovanni Maria Cornoldim, S.Pietro a Roma, tre conferenze del P.Giovanni Maria Cornoldim, della Compagnia di Gesu, sopra la venuta de l’episcopato di S.Pietro in Roma, tenute nella chiesa di Gesu, nelle prime tre domeniche di quaresima del 1872, Roma, Ed. Romana, p.7. 6 B. Hudson MacLean, An introduction to Greek epigraphy of the Hellenistic and Roman periods from Alexander the Great down to the reign of Constantine, University of Michigan Press, 2002, p. 208. 7 Ovidiu in Ars 3,11; e Marziale 9,59,2 inLa Rocca, Aurea Roma. Dalla città pagana alla cittù cristiana, S.Ensoli ed Eugenio La Rocca, Roma, 2000, p. 16.

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dell’Impero.

B. LE MINACCE ROMANE :

All’inizio lo Stato romano si era manifestato in linea di massima tollerante. L’unico evento

contrario era stato l’espulsione di Cristiani ed Ebrei dall’Urbe. Giuseppe Flavio afferma che l’evento accade “ durante il nono anno dell’impero di Claudio (si tratta dell’anno 49), i Giudei furono espulsi da Roma”. Svetonio, conferma e aggiunge che l’espulsione fu fatta a causa di un certo “impulsore Chresto.”8 L’episodio è riferito anche dagli Atti 18:4. Paolo incontra a Corinto Aquila e Priscilla, provenienti dall’Italia meridionale, i quali affermano di essere stati cacciati a causa delle disposizioni imperiali contro gli Ebrei.

Dopo l’espulsione non sono menzionate forme di persecuzione. I cristiani hanno avuto un periodo di pace. Anche durante i primi anni dell’impero di Nerone i Cristiani hanno goduto di pace. Paolo afferma di aver avuto libero accesso alla casa di Cesare e fu assolto nel suo primo processo. Tuttavia il contrasto, già esploso in singoli episodi di persecuzione, non poteva tardare ad aggravarsi. Il Dio dei cristiani era altrettanto esclusivo verso i suoi fedeli quanto il Dio degli ebrei, ma il cristianesimo aveva capacità e volontà di proselitismo enormemente superiori a quelle del giudaismo

Camminando per strada, nessuno riusciva a distinguere un cristiano dagli altri abitanti. Nonostante ciò c’era un dettaglio: la semplicità del suo abbigliamento. Il vescovo Clemente l’Alessandrino riteneva che un cristiano dovesse vestire in modo semplice, con abiti di colori naturali, senza gioielli ed addobbi. Alle donne non veniva permesso portare sandali o stivali con tacchi, “che facessero risuonare le lastre del pavimento” (poichè). In questo modo giravano le donne di facili costumi.9

I principi cristiani erano la moderazione ed il buon senso. I festini romani non dovevano trovar posto anche nelle case dei cristiani: “ durante i nostri pasti siamo sobri”10. Predicavano l’uguaglianza tra gli uomini, la comprensione e la pace. Avevano il desiderio di partecipare alla vita della comunità:

“Noi cristiani”, dice Tertualiano, “non viviamo al di fuori di questo mondo…noi viviamo insieme a voi…noi andiamo al foro, in piazza, ai bagni pubblici, ai negozi, alle taverne ed alle fiere, ed in tutti i luoghi in cui si pratica il commercio. Noi viviamo nel vostro stesso mondo”11.

Anche se erano cittadini appartenenti alla stessa società, i cristiani vivevano per un altro mondo;

cosi, pian piano, con il passare degli anni, cominciò un cambiamento di opinione verso di loro. Il filosofo Luciano di Samosata, ironizzandoli descrive il loro comportamento:

“… Si sono persuasi infatti quei poveretti di essere affatto immortali e di vivere per l’eternità, per cui disprezzano la morte e i più si consegnano di buon grado. Inoltre il

8 Svetonio, De vita Caesarum, (Vita Claudii) capitolo XXV; citata : “ Sed me magis Suetonius movet, qui ait hoc modo : Claudius Judaeos impulsore Christo adsiduae tumultuantes Roma expulit ” - “Espulse da Roma i Giudei che per istigazione di Cresto erano continua causa di disordine” (Vita Claudii XXIII, 4). Alcuni hanno visto nel esspresione Impolsore Christo (Chresto), un riferimento al Gesu Cristo; altri hanno affermato che probamente gli Ebrei non furono dunque espulsi da Roma per l’attività di Cristo, ma per quella quasi sicuramente di un liberto dal nome molto simile. Cresto, infatti, era un nome molto diffuso ed ampiamente attestato fra i liberti. 9 Fabrice Marotti, La civiltà cristiana antica, Bucuresti, 1997, p. 152. 10 F. Marotti, op.cit. p.153. 11 F. Marotti, op.cit. p.178.

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primo legislatore li ha convinti di essere tutti fratelli gli uni degli altri, dopoché abbandonarono gli dei greci, avendo trasgredito tutto in una volta, ed adorano quel medesimo sofista che era stato crocifisso e vivono secondo le sue leggi. Disprezzano dunque ogni bene indiscriminatamente e lo considerano comune, seguendo tali usanze senza alcuna precisa prova. Se dunque viene presso di loro qualche uomo ciarlatano e imbroglione, capace di sfruttare le circostanze, può subito diventare assai ricco, facendosi beffe di quegli uomini sciocchi”.12

Verso l’ultima parte del I secolo vengono accusati di “ateismo” per il fatto che non rispettavano

il culto degli dei. Il più grande peccato era rifiutare il giuramento davanti al Cesare -dio. Chiunque rifiutasse di riconoscere la divinità del cesare veniva sospettato di rivolta e rischiava di venire condannato a morte.

I cristiani non potevano fare questo giuramento e preferivano morire piuttosto che riconoscere (la divinità di) un uomo (e sostituirla a Dio) al posto di Dio. Svetonio conferma che “i Cristiani, una razza di uomini di una superstizione nuova e malefica, furono sottoposti a supplizi” (Vita Neronis XVI, 2). Policarpo, il vescovo di Smirne è stato uno dei primi esempi.

Il proconsole gli chiese se fosse lui Policarpo; e avendo egli risposto affermativamente, l'altro cercava di persuaderlo ad abiurare, dicendo: "Abbi riguardo per la tua vecchiaia" ed altre consimili cose, che essi hanno costume di dire: "Giura sulla fortuna dell'imperatore", "Pentiti", "Di': Morte agli atei". Policarpo guardò con volto severo tutta la folla di empi pagani che era nello stadio, alzò verso di loro il braccio, sospirò, levò gli occhi al cielo e disse: "Morte agli atei". Il proconsole, incalzandolo, fece: "Giura, e ti lascio libero. Maledici Cristo!". E Policarpo: "Sono ottantasei anni che lo servo, e mai mi ha fatto torto. Como posso bestemmiare il mio re e salvatore?"13

L’apologista Minucio Felice nella sua opera Octavius riporta in narrazioni plastiche che evidenziano l’odio che i romani avevano nei riguardi dei cristiani:

“Essi, raccogliendo dalla feccia più ignobile i più ignoranti e le donne, facili ad abboccare per la debolezza del loro sesso, formano una banda di empia congiura, che si raduna in congreghe notturne per celebrare le sacre vigilie o per banchetti inumani, non con lo scopo di compiere un rito, ma per scelleraggine; una razza di gente che ama nascondersi e rifugge la luce, tace in pubblico ed è garrula in segreto. Disprezzano ugualmente gli altari e le tombe, irridono gli dei, scherniscono i sacri riti; miseri, commiserano i sacerdoti (se è lecito dirlo), disprezzano le dignità e le porpore, essi che sono quasi nudi! […] Regna tra loro la licenza sfrenata, quasi come un culto, e si chiamano indistintamente fratelli e sorelle, cosicché, col manto di un nome sacro, anche la consueta impudicizia diventi incesto. […] Ho sentito dire che venerano, dopo averla consacrata, una testa d’asino, non saprei per quale futile credenza […] Altri raccontano che venerano e adorano le parti genitali del medesimo celebrante e sacerdote […] E chi ci parla di un uomo punito per un delitto con il sommo supplizio e il legno della croce, che costituiscono le lugubri sostanze della loro liturgia, attribuisce in fondo a quei malfattori rotti ad ogni vizio l’altare che più ad essi conviene […] Un bambino cosparso di farina, per ingannare gli inesperti, viene posto innanzi al neofita, […] viene ucciso.

12 Luciano di Samosata, De morte Per. XI-XIII e La vita di Peregrinus, in F. Marotti, op.cit. pp.181-182. 13 “…Quando il rogo fu pronto, Policarpo si spogliò di tutte le sopravvesti e si sciolse la cintura e cercava anche di slegarsi da sé i sandali… Immediatamente, dunque, gli fu montato attorno tutto ciò che serve al rogo. E mentre si accingevano a inchiodarlo, egli disse: "Lasciatemi così. Colui che mi dà il fuoco da sopportare mi darà anche la forza di resistere in esso pur senza esservi assicurato dai vostri chiodi". Martirio di Policarpo, IX, 2-3; XII, 1; XIII, 2 - XV, 2: Atti e passioni dei martiri, Milano, Fondazione Lorenzo Valla - Arnoldo Mondadori Editore, 1987, pp. 16-25.

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Orribile a dirsi, ne succhiano poi con avidità il sangue, se ne spartiscono a gara le membra, e con questa vittima stringono un sacro patto […] Il loro banchetto, è ben conosciuto: tutti ne parlano variamente, e lo attesta chiaramente una orazione del nostro retore di Cirta […] Si avvinghiano assieme nella complicità del buio, a sorte…”14

Tacito ci fa notare che i cristiani erano invisi al popolo “a causa delle loro nefandezze”15 e che la loro fede era una “ superstizione”; essi sono definiti “rei” e “meritevoli di pene severissime”, accusati di “odio del genere umano” ( adversus omnes alios hostile odium).16 Sono accusati d’infanticidio (derivato da un fraintendimento del rito dell’Eucarestia), d’incesto (poiché si chiamavano tutti “fratelli” e “sorelle”), di odio per il genere umano di rifiuto del culto imperiale e dell’assunzione delle cariche pubbliche - parlando di un processo a Trasea, lo chiama “bonis publicis maestum”, di ritiro dalla vita politica (inerzia), di tradimento della cerimonia maiorum e di tristitiae e di maestitia. È evidente come una tale immagine (totalmente errata) diffusa oralmente portasse il terrore nei luoghi in cui era raccontata. Non poteva che portare la persecuzione. Il cristianesimo era visto come portatore di maledizioni e doveva essere eliminato il prima possibile.

CAPITOLO II

PERCHE’ PIETRO A ROMA?

”Se sei in Italia, hai Roma, da cui si diffonde un'autorità che va molto oltre [i confini della stessa Italia]. Quanto è fortunata questa Chiesa per cui gli Apostoli hanno versato la loro dottrina con il loro sangue, dove Pietro ha emulato la passione del Signore, dove Paolo è stato coronato con la stessa morte di Giovanni (Battista) “.

Tertulliano, De Praescriptione haereticorum, xxxv.

“Ecco che la Chiesa di Smirne afferma che fu Giovanni a porre a suo capo Policarpo, e la Chiesa di Roma riconosce che Clemente fu ordinato da Pietro.”

Tertulliano, De Praescriptione haereticorum, xxxiii

La Roma imperiale tremava sotto la minaccia della nuova religione – il cristianesimo. Il colpo 14 Marco Cornelio Frontone citato da Minucio Felice in Orazione contro i Cristiani, Octavius VIII,4-IX,7 in F. Marotti, op.cit. pp. 179-180. 15 Apuleio di Madaura (120-180 circa) scrisse intorno al 160 il noto romanzo Le metamorfosi (L’asino d’oro), in cui si narrano le peripezie di un certo Lucio, che trasformato in asino, subirà ogni sorta di avventure prima di essere nuovamente riportato alla propria condizione originaria. Ad un certo momento descrive la moglie probabilmente cristiana di un mugnaio: “Quel mugnaio, che mi aveva fatto sua proprietà pagandomi, un uomo peraltro buono e soprattutto modesto, aveva ottenuto in sorte come moglie una donna pessima, di gran lunga la peggiore di tutte le donne, e sosteneva pene estreme in casa e a letto... Non mancava alcun vizio a quella pessima donna, ma tutte le nefandezze erano confluite nel suo animo come in una melmosa latrina: crudele, funesta, ammaliatrice, ubriacona, ostinata, caparbia, vergognosamente avara nell’arraffare, scialacquatrice nelle spese per le sue porcherie, nemica della fede, avversaria del pudore. In quel tempo, disprezzati e calpestati i divini numi, al posto della religione stabilita fingeva sacrilegamente di credere in un Dio che proclama unico, osservando cerimonie inconsistenti e ingannando tutti gli uomini e il suo misero consorte, dandosi fin dal mattino al vizio e offrendo continuamente il suo corpo alla fornicazione” Apuleio di Madaura , Metamorfosi, IX, 16 Tacito Historiae V, 5.

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dato al paganesimo fu talmente potente, che quest’ultimo non riuscì a resistere a lungo.17 Uno dei più forti combattenti contro il culto pagano fu l’apostolo Paolo. Le Sacre Scritture parlano chiaramente della sua attività nella capitale dell’impero. Nonostante la sua presenza a Roma, il suo impegno, le sofferenze in carcere, la sua testimonianza nella casa di Cesare, quasi tutta l’attività di Paolo è irrilevante per la chiesa romana. Lui non era uno dei dodici discepoli, non aveva visto Gesù e non aveva ricevuto l’incarico speciale di Pietro.

Le cose sono diverse per Pietro. Lui era stato uno dei “preferiti” del Salvatore. Compare sempre a fianco di Giacomo e di Giovanni. Nel vangelo secondo Matteo, il Signore si rivolge al discepolo di Galilea e gli fa una promessa speciale – “Ed io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che avrai legato sulla terra, sarà legato nei cieli, e tutto ciò che avrai sciolto sulla terra sarà sciolto nei cieli."18 Qui abbiamo l’anello mancante: dimostrare che Pietro fosse arrivato nella capitale dell’impero, significa che il potere delle chiavi fu dato al vescovo romano. Sulle basi di questo dogma poteva essere poggiato il primato del Papa. Ecco cosa dice il cardinale Charles Journet:

“ Il legame irremovibile tra il primato del pontefice romano e tra il pontificato trans apostolico

è per noi un fatto dogmatico, che la storia non potrà mai contraddire e non ha neanche il diritto di stabilirlo.”19

La professoressa Margherita Guarducci, una delle più autorevoli voci del settore, in una

conferenza presentata al Centro Culturale di Milano, diceva: “ La presenza di Pietro e della sua tomba in Vaticano è di enorme importanza, poiché. Parlare della tomba di Pietro in Vaticano vuol dire, in un certo senso, parlare del primato della chiesa di Roma.”.20 La Chiesa di Roma ha un’influenza travolgente su tutte le chiese cristiane. Gianpaolo Barra,

in una trasmissione di Radio Maria, ha detto che Roma ha un ruolo fondamentale per la fede cattolica. Lei ha il primato sull’intera Chiesa Universale, il primato d’onore, di governo e di giudizio.21 E’ ovvio che nessuno possa mettere in discussione la sua legittimità. Non è neanche il mio intento. Non metto in discussione né la chiesa, né i suoi dogmi; solamente provo a fare insieme a voi un viaggio nel tempo, tra i vari argomenti sulla venuta di Pietro a Roma.

CAPITOLO III

LA STORIA DELL’OPPOSIZIONE

Il suo volto era tutto rigato di lacrime. Si racconta anche che, ogni notte, allorché udiva il canto di un gallo, Pietro si alzasse e si mettesse in preghiera e che di nuovo le lacrime

17 Non è stato il paganesimo ad essere sconfitto dal cristianesimo, ma il cristianesimo ha ceduto alle influenze pagane. Sotto il nome di cristiano si sono infiltrate pratiche ed usi estranei; vedi Margherita Guarducci, La fondazione di Roma, Rivista Tracce, Litterae Communionis, anno XXIII, luglio/agosto 1996, pp. 68-69. 18 Matteo 16: 18-19 19 Cardinale Charles Journet, Il primato di Pietro nel pensiero cristiano contemporaneo, Bologna, 1965, pp. 351-483. 20 Margherita Guarducci, Federico Zeri, Il luogo del Primato, Rivista Tracce, 2000. 21 Gianpaolo Barra, Il primato della chiesa di Roma – da una trasmissione di Radio Maria, pubblicata Il timone – numero 6, marzo/aprile 2000.

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prorompessero copiose dai suoi occhi…

Giacomo da Varagine, La leggenda aurea, Di S. Pietro Apostolo.

“Tra tutti i mali che si sono abbattuti sull’Italia negli ultimi tempi, il peggiore è stato l’invasione dei protestanti…” Così inizia Giovanni Perrone il libro San Pietro a Roma. Per la Chiesa è inconcepibile che qualcuno ponga sotto il segno del dubbio l’arrivo dell’apostolo Pietro a Roma.22 Per questa ragione, l’opposizione si è trasformata, nel corso del tempo, in una lotta feroce. Questo conflitto ha fatto scorrere molto inchiostro e, purtroppo, ancora più sangue.

Al contrario nell’epoca moderna "san Pietro" fu trasformato in un personaggio da circo, molto riportato in strisce umoristiche, cartoni e commedie. Spesso la sua immagine gioca sul suo ruolo di "portatore delle chiavi del regno di Dio"; su questa base è spesso rappresentato come un uomo anziano con la barba che siede presso le porte del paradiso.

In un modo o nell'altro è vista una certa opposizione al culto petrino. Ecco, di seguito, la lista di quelli che sappiamo si sono opposti al primato papale ed hanno sostenuto l’inutilità del culto di San Pietro.

A. I MISSIONARI DELLA LOMBARDIA

Tra i primi missionari in Lombardia vi furono: i catari, i passagini e i poveri di Lombardia. Intorno agli anni 1230 – 1240 abbiamo la testimonianza dell’inquisitore domenicano Moneta da Cremona. Questo monaco ben preparato era riuscito, qualche anno prima, a ottenere il titolo di dottore presso l’università di Bologna. Nel 1241 aveva scritto un trattato contro gli eretici lombardi: Summa contra Catharos et Valdenses. Il trattato fu pubblicato a Roma, nel 1743, da un altro frate domenicano, Agostino Tommaso Ricchini. Questo documento è d’immenso valore poiché presenta, sulla base della testimonianza personale, il punto di fede di questi così detti eretici:

“Per dimostrare che la Chiesa Romana non ha ricevuto il potere da Cristo, i valdesi

sostengono che la Chiesa Romana non è né tranquilla né sicura della sua successione (di Pietro) e lo dimostrano sostenendo che la Chiesa Romana, a circa 300 anni dalla morte di Pietro, secondo gli scritti della stessa chiesa, ha mostrato le sue ossa come prova della successione … Dicono che Pietro non sia mai stato a Roma, e che nel Nuovo Testamento non ci sia alcuna prova di questo fatto, e ci accusano di cercare inutilmente le sue ossa. Dicono che la Chiesa Romana non sappia se le ossa (ritrovate) siano realmente le sue o quelle di un altro morto, ad esempio di un pagano – così come credono loro – e dicono che la Chiesa Romana tragga le sue origini da quel morto e non da Cristo o da Pietro e discutono in modo falso sui morti, perché Cristo ha detto, in Matteo 8,22: “ lascia che i morti seppelliscano i loro morti.”23

22 Giovanni Perrone, San Pietro a Roma, La verità storica del viaggio di San Pietro a Roma, Tipografia Pontificia, Torino, 1864, p. 7. 23 Moneta da Cremona, Adversus Catharos et Valdenses, liber V, cap. II, part. I, Ed. Ricchini, Roma, 1743, pp 410-411.

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L’attitudine ostile nei confronti delle ossa di Pietro24 è un indizio del fatto che, prima di questi poveri lombardi, vi fossero altri gruppi che non erano d’accordo con gli insegnamenti della Chiesa e con la politica imperiale costantiniana.

Allo stesso modo, i valdesi erano contrari alla costruzione di chiese sontuose e le chiamavano “case di pietra”, nelle quali Dio non abita. In cambio, i cattolici li deridevano e chiamavano le chiese “ciabas” – “stalle”, poiché non avevano né l’altare, né ornamenti o icone.25 Il tempio di Ciabas porta anche oggi quel nome.

B. MARSILIO DA PADOVA E CARLO DU MOULIN

Cento anni più tardi si è alzata un’altra voce potente. Si tratta di Marsilio da Padova. Nel suo trattato, Defensor pacis, nell’anno 1326, fa vedere come l’arrivo di Pietro a Roma sia il frutto di leggende clericali. Ecco un frammento della sua opera:

“ Riguardo a San Pietro, io dico che non può essere dimostrato con le Sacre Scritture che sia stato vescovo a Roma, nemmeno che sia mai stato a Roma. È strano che, solo in conformità a leggende clericali, si dicano cose del genere su Pietro, mentre Luca e Paolo non hanno fatto alcun cenno a riguardo…”.26 La reazione della Chiesa non si è lasciata attendere a lungo; il 21 ottobre 1327 papa Giovanni

XXII ha emesso una bolla speciale di scomunica.27. La voce di Marsilio è stata fatta tacere, ma fu seguito presto da quella di Carlo du Moulin e P. Leland. 28 Du Moulin è stato uno dei più grandi studiosi del Medio Evo. Di mestiere faceva l’avvocato e buona parte della sua vita è stata dedicata alla riforma della giustizia. Nella sua opera, Tractatus commerciorum,29propone una serie di riforme del diritto romano. Ha avuto un rapporto epistolare con Melanchton ed ha scritto molte opere di influenza protestante. I suoi lavori sono stati messi all’indice dei libri eretici. Negando l’autorità pontificia, si è espresso a sfavore della papalità. 30 Giovanni Perrone lo classificò come eretico di primo ordine. 31

Leland (1557) è stato cresciuto e educato nella cultura ecclesiastica e si occupava di un negozio di antiquariato per conto di Enrico VIII. Non si conoscono le sue dichiarazioni ma compare nella lista di coloro che hanno negato l’arrivo di Pietro a Roma.

24 Probabilmente i valdesi facevano riferimento alle sepolture che la tradizione attribuisce a Costantino il Grande con l’occasione della costruzione della chiesa del Vaticano, prima del 337 – anno della sua morte. 25 Amedeo Molnar, Storia dei valdesi, Claudiana, Torino, vol.2, 1974, p. 156. 26 Marsilio da Padova, Defensor pacis, Ed. Basilea, 1522, pag. 20, 208, cit. de F.Salvoni, Da Pietro al papato, Genova, Ed. Lanterna, 1970, pag.173; O.Marrucchi, Pietro e Paolo a Roma, edizione IV, Torino, 1934. 27 Raznaldi, Annali, Tom 14, in Giovanni Perrone, San Pietro a Roma, La verità storica del viaggio di San Pietro a Roma, Tipografia Pontificia, Torino, 1864, p. 23. 28 Anonimo, Impossibilità storica del viaggio si S.Pietro a Roma…, Torino, 1861. 29 Titolo completo: Tractatum commerciorum et usuram, redituumque pecunia constitutorum et monetarum, Parigi 1546. L’opera nella raccolta di atti giudiziari di Lione: Tractatus ex variis iuris interpretibus di Lione del 1548-1549; nello studio di Rodolfo Savelli, Diritto romano e teologia riformata: Du Moulin di fronte al problema dell’interesse del denaro, da Materiali per una storia della cultura giuridica, XXIII (1993), p. 291-324. 30R. Savelli, Da Venezia a Napoli: diffusione e censura delle opere di du Moulin nel Cinquecento italiano, in Censura ecclesiastica e cultura politica in Italia tra Cinquecento e Seicento, a cura di C.Stango, Firenze, Olschki 2001, pag. 101-154. 31Giovanni Perrone, o. c. p. 22

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C. I VALDESI DEL PIEMONTE

Il primo movimento lombardo ha preso piede ed in Piemonte si sono organizzate le prime comunità valdesi. Tra i punti della loro dottrina vi era la negazione del primato papale. Dagli scritti di Gioacchino Fiore, datati all’inizio del XIII secolo, scopriamo che i valdesi avevano un intero sistema dogmatico. Il primo punto faceva preciso riferimento a Roma ed al papato:

“…disprezzavano il clero, rifiutavano la gerarchia ecclesiastica, negavano il potere delle chiavi e del primato papale, dicendo che Roma fosse “la prostituta babilonica” dell’Apocalisse e la pars maligna, almeno dopo papa Silvestro, mentre i valdesi erano pars benigna, unica e vera Ecclesia di Christi.” 32 Dal manuale dell’inquisitore, De inquisizione hereticorum e dal Cathalogus del Coussor,

scritto intorno al 1400, scopriamo che i valdesi mantenevano ancora molti punti della vecchia fede: “Loro continuavano a disprezzare le autorità ecclesiastiche; …condannavano in blocco i vescovi, i preti ed i monarchi, chiamandoli farisei e pubblicani, persecutori dei discepoli; …non prendevano in considerazione le feste dei santi..” 33

D. I RIFORMATORI

Nel periodo della Riforma, la più potente voce è stata quella di Ulrico Veleno. 34. Nella sua opera, Quod Petrus Apostolus nunquam Romae fuerit, argomenta con forza contro la tradizione e il culto petrino. Questo lavoro ha avuto una forte eco a Roma, poiché il gesuita Roberto Bellarmino gli ha risposto in una maniera molto dura.

Lutero e gli altri riformatori non hanno avuto grandi preoccupazioni riguarda quest’argomento, ma, parlando dell’apostasia della Chiesa Cattolica, ne hanno negata l’autorità apostolica in modo implicito. Più tardi, Lutero ha affermato che la Chiesa di Roma non è stata fondata da Pietro. Sostenere tale fatto sarebbe un errore storico:

“Loro (i papisti) hanno moltiplicato talmente tanto le menzogne e le leggende riguardanti San Pietro, che sono arrivato a credere che la prima pietra della Chiesa di Roma non sia stata posata né da S. Pietro, né da S. Paolo. Probabilmente è stato un seguace dei discepoli, venuto a Roma da Gerusalemme o dall’Antiochia.” 35 La confessione di Westminster non affronta direttamente il problema di Pietro, ma ha un

articolo contro il primato papale:

32 Giovanni Gonnet, Enchiridon Fontium Valdensium, vol. II, Torino, Claudiana, 1998, p.133. 33 Questi sono i punti I, IX e XX della loro Confessione, in Giovanni Gonnet, Enchiridon Fontium Valdensium, vol. II, Torino, Claudiana, 1998, pag. 88-90. 34 Ulrico Veleno, Quod Petrus Apostolus nunquam Romae fuerit, si trova nella raccolta di Melchiorre Goldasto, Monarchiae S. Romani Imperii, vol. III, pag, 1-16 e in Francesco Guiccardini, De origine potestatis secularis in romana ecclesia, Francoforte, Nicola Hoffmann editore, 1613. 35 Martin Lutero, WiderdasPapsttum zu Rom von Teufelgestiftet, 1545, Weimarer Ausgabe, pag. 54, in Carlo Papini, Pietro a Roma?, Claudiana, Torino, 2006, p. 129.

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“Non vi è altro capo della Chiesa al di fuori di Gesù Cristo. Il papa di Roma non può in alcun modo essere il capo della Chiesa; lui è l’anticristo, l’uomo del peccato, il figlio della distruzione, che si erige nella chiesa contro Cristo e contro tutti quelli chiamati da Dio.” 36 Calvino e i suoi seguaci hanno avuto, in buona parte, la stessa posizione. Hanno negato

l’autorità della Chiesa Romana, ma non si sono espressi sulla posizione di Pietro; alcuni hanno mantenuto la tradizione, altri si sono opposti.

E. EPOCA MODERNA

Nel febbraio 1872 tre teologi cattolici, Enrico Fabiani, Giuseppe Cipolla e il professor Augusto Guidi, hanno chiamato ad una discussione pubblica i pastori evangelici. I pastori Francesco Sciarelli, Alessandro Gavazzi e Giovanni Ribetti hanno accettato la provocazione. Tra l’11 ed il 23 febbraio 1872 si è svolto il confronto e l’effetto èstato oltre le attese. I principali giornali hanno ripreso ed hanno presentato ampiamente l’interno dibattito. Il Fischietto di Torino ha fatto delle battute sui partecipanti, proponendo di mandare in paradiso un pastore ed un prete, al fine di chiedere direttamente a Pietro. 37 La reazione è arrivata da parte del Vaticano che ha vietato categoricamente ai preti di partecipare a tali incontri.

Intorno all’anno 1890, l’Università di Berlino è stata coinvolta in questo dibattito tramite la voce dei professori Ignazio von Doellinger e Eduard Zeller. 38 Loro sono stati alcuni dei più feroci contestatori della teologia romana. Nel Novecento, si sono alzate altre voci: in Francia, lo storico Charles Guignebert; in Germania, Carlo Erbes e in Svizzera, P.W.Schmiedel.

Qualche decennio più tardi, ci sono stati Adolf Bauer (1916), H. Dannenbauer (1931), J.Haller e E.Merrill (1924). La scuola tedesca, rappresentata da Karl Heussi (1936), ha continuato le posizioni teologiche precedenti ed hanno depositato (ha opposto) seri sforzi nella lotta contro il primato papale.39 Fra i moderni oppositori ricordiamo: Ch Guignebert, in Franta, J. Turmel,40 in Grecia N. Kephalis, in Italia F. di Silvestri Falconeri, G Miegge, C. Papini. Tutte queste persone hanno creato una corrente d’opinione così forte che la sua influenza si mantiene fino ai nostri giorni.

CAPITOLO IV

LA STORIA FABBRICATA

36 Confessione di fede riformata di Westminster, La chiesa, tom IV, pp. 495, 496. 37 G. Spini, L’evangelo e il berretto frigio. Storia della Chiesa Cristiana Libera in Italia (1870-1904), Torino, Claudiana, 1971, pp. 68-69, in Carlo Papini, Pietro a Roma? Valore storico di una tradizione locale, Ed. Claudiana, Torre Pellice, 2006, p.65. 38 Eduard Zeller ha scritto una celebre monografia, nella quale nega l’autorità del primato papale. Zur Petrusfrage, ein Schreiben an den Herausgeber, 1876. 39 Karl Heussi ( War Petrus in Rom , 1936) ha contradetto Hans Lietzmann ( Petrus und Paulus in Rom - Arbeiten zur Kirchengeschichte I , 2° ediz. Berlin 1927); Orazio Marrucchi, Pietro e Paolo a Roma, 4° ediz. Torino 1934; Carlo Papini, Pietro a Roma? Valore storico de una tradizione locale, Ed. Caludiana, Torre Pellice, 2006, p.65; Karl Heussi , Die römische Petrustradition in kritischer Sicht , Tübingen 1955; D. Robinson , Where and when did Peter die? în «Journ. Bibl. Liter.» 64 (1945), pp. 255-267. 40 J. Turmel, Histoires des dogmes, III, La Papaut, Paris, 1933.

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Pur troppo la Chiesa ha usato nel corso del tempo delle “pietre angolari” che si sono rivelate, con il passare degli anni, dei falsi clamorosi. Ricordiamo i Canoni del Sinodo di Sardica (342), la conversione di Costantino il grande, la Donazione di Costantino e i Decreti pseudo isidorici. Analizziamo brevemente alcuni fatti che sono collegati al nostro argomento.

A. LA CONVERSIONE DI COSTANTINO IL GRANDE

La canonizzazione di Costantino il Grande è uno dei migliori esempi del modo in cui è fabbricata la storia dei santi. Ci sono varie fonti riguardanti la vita di questo principe. Una delle più antiche è Martyrologium Hieronymianum41. Eusebio di Cesarea, lo storico ufficiale della corte imperiale, ha scritto la storia cui oggi nessuno crede più, ossia che l’imperatore fosse stato battezzato da papa Silvestro.. Poiché godeva dei favori della corte imperiale, Eusebio ha preferito nascondere “la verità incandescente, passando tutto sotto silenzio42. Marilena Amerise ritiene che il battesimo ariano di Costantino fosse un’eredità difficile da gestire, quindi è stata raccontata e interpretata a seconda delle esigenze idealiste e propagandiste delle diverse ere43.

Il Liber Pontificalis44 , in Vita Silvestri, del VI secolo, dice in maniera ufficiale, che l’imperatore Costantino fosse stato guarito da papa Silvestro ed in seguito battezzato:

“Silvestro…, esiliato sul monte Soracten per la gloria di Dio, ha battezzato Costantino e l’ha guarito dalla lebbra…”45

La leggenda è divenuta la versione ufficiale per molti secoli. Nel sedicesimo secolo, quando è stato scolpito l’obelisco della Chiesa San Giovanni in Laterano, sono state scritte le seguenti parole che si possono leggere anche oggi:

“Constantinus/ per crucem/ victor/a S.Silvestro hic/ baptizatus/crucis gloriam/ propagavit 46”

In realtà, Costantino è stato battezzato dal vescovo ariano Eusebio di Nicomedia – Constantinus extremo vitae suae tempore ad Eusebium Nicomedensi episcopo baptizatus47. Il suo battesimo ha costituito un evento problematico per via delle circostanze nelle quali è avvenuto; è stato dato all’imperatore sul letto di morte, a Nicomedia, dal vescovo della città che era il capo degli ariani.

La sua vita fu segnata dalla adorazione per il Dio Apollo, culto ufficiale della casa di 41 H. Delehaye, Commentarius perpetuus in Martyrologium Hieronymianum ad rec. H. Quentin, in Acta SS. Novembris, II, pars posterior, Bruxelles, 1931, pp. 16-7; H. Quentin, Les Martyrologes historique du Moyen-age. Parigi 1908, pp. 56, 451, 469, 471, 626; H. Delahaye et socii, Martyrologium Romanum ad formam editionis typicae, scholiis historicis instructum, in Propylaeum ad Acta SS. Decembris, Bruxelles, 1940, Pg.610; BHL II, pp. 1119-20, nn. 7725-43. 42 Marilena Amerise, Il battesimo di Costantino il Grande, Storia di una scomoda eredità, Franz steiner Verlag, 1995. p. 8. 43 Marilena Amerise, Il battesimo di Costantino il Grande, Storia di una scomoda eredità, Franz steiner Verlag, 1995. p. 9. 44 Liber Pontificalis, Edizione critica di Louis Duchesne, Parigi, 1886. 45 Silvester, natione Romanus, ex patre Rufino, sedit ann. XXIII m. X d. XI. Fuit autem temporibus Constantini et Volusiani…Hic exilio fuit in monte Soracten et postmodum rediens cum gloria baptizavit Constantinum Augustum, quem curavit Dominus a lepra, cuius persecutionem primo fugiens exilio fuisse cognoscitu. Liber Pontificalis I, Silvester, p. 170, in Louis Duchesne, Liber Pontificalis I, cit., pp. CXXXVII-CXL.; ed in Giovanni Diacono, Vite dei vescovo di Napoli, in L. A. Muratori, Rerum Italicarum Scriptores I 2, Milano 1724, p. 293. 46 “ Costantino, tramite la vittoria della croce, è stato battezzato da Silvestro per la gloria della croce” – traduzione. 47 La dichiarazione appartiene a Geronimo, in Marilena Amerise, Il battesimo di Costantino il Grande, Storia di una scomoda eredità, Ed. Franz Steiner Verlag, 1995, p.39. La maggior parte degli storici confermano il battesimo ariano di Costantino.

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Costantino. Il disco solare, l’immagine del re e del sole radiato, furono impresse sulle monete e l immagine solare non scomparve neppure dopo il suo passaggio al cristianesimo. L’imperatore prende il nome di Pontifex Maximus grande ufficiante nei tempi pagani, e persino nel 330, pochi anni prima della “conversione”, con solenne cerimonia alzò una statua dedicata al dio Sole, nella nuova città di Constantinopoli. Nonostante il fatto di aver fermato le persecuzioni, non gode neanche dell’onore di aver fatto per primo l’editto di tolleranza ai cristiani, che invece fu fatto da Galerio, il grande ex persecutore. Dopo una sofferenza di dieci mesi, in preda a un profondo rivolgimento spirituale, il 30 aprile del 311, emanò l’editto di Nicomedia.48 La conversione dell’imperatore Costantino, come la sua vita, con vari crimini, guerre e adorazione pagane, rimane fino ai nostri giorni un argomento di angoscia e di vergogna. Bruchkardt afferma che “l’ambizione ed il desiderio di potere dell’imperatore erano talmente grandi, che non possiamo parlare né di cristianesimo, né di paganesimo – era semplicemente antireligioso49”. Se a ciò aggiungiamo le sue gesta poco cristiane, l’uccisione delle mogli e dei nipoti, l’idolatria ed uno spirito privo di freni inibitori, abbiamo un quadro completo. Nonostante ciò, la Chiesa Cristiana d’Oriente non si è fatta troppi scrupoli nel dichiararlo santo. La Chiesa d’Occidente è andata anche oltre usando l’imperatore per rafforzare il seggio papale. Purtroppo questa storia si è trasformata in una vergognosa macchia sul viso del cristianesimo.

B. “LA DONAZIONE DI COSTANTINO”

Stretto collegata alla storia di Costantino, sta il celebre documento Donatio Constantini o il Costitutum. Questo manoscritto compare per la prima volta in forma completa nella metà del secolo IX. Non si conoscono esattamente la data ed il luogo di stesura. Nicolò Cusano dà una data approssimativa:

“…al tempo di Stefano II o forse subito dopo il 757, all’epoca di papa Paolo I (757-767). Probabilmente è stata scritta a Roma per sostenere le pretese territoriali del Vaticano nei confronti dei greci e dei longobardi… E’ stata scritta in modo da sostenere anche altre eventuali annessioni territoriali del Vaticano. In questo senso, è stata usata con insistenza per tutto il periodo del medio Evo, nella lotta tra papi e poteri secolari.”50

Ecco il contenuto della Donazione: Nell’anno 313 un sacerdote di nome Silvestro fu consacrato vescovo di Roma. In seguito alla

sua nomina, un drago maleodorante iniziò a terrorizzare l’intera città e a uccidere una moltitudine di persone. Il mostro abitava in una fossa, alla base di una collina. Vi si poteva discendere tramite una scala di 366 gradini. Nessuno aveva il coraggio di affrontare il drago fino a quando, un giorno, papa Silvestro è sceso nella grotta del mostro senza esercito e lo fece prigioniero.

La città non aveva fatto in tempo a rallegrarsi, perché arrivò un’altra sventura; l’imperatore Costantino fece partire una persecuzione feroce e terribile contro i cristiani. Anche il papa scappò in una grotta nel monte Soratto. Mentre era nascosto, venne a sapere che l’imperatore era stato colpito dalla lebbra. I dottori di corte non potevano guarirlo e niente e nessuno riusciva ad alleviargli il dolore. 48 Il testo viene conservato da Lattanzio e Eusebio in Ernesto Buonaiuti, Storia del Cristianesimo, Newton Compton Editori, 2002 Roma, p 150. 49 Burchkardt, 1957, 363, in Marilena Amerise, Il battesimo di Costantino il Grande, Storia di una scomoda eredità, Ed. Franz steiner Verlag, 1995. p. 14. 50 K. Bihlmeyer – H.Tuechle, Storia della Chiesa, o. c., II, 58-59. L.Valla, De falso credita et mentita Constantini donatione declamatio, 1440; Ed. Schwahn, 1928.

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L’imperatore aveva chiamato i più rinomati maghi ed indovini nelle stelle – pontefices Capitolii – e questi avevano consigliato di farsi il bagno in una vasca piena del sangue di neonati. Costantino rifiutò di farlo51 e, come ricompensa, gli comparvero in sogno Pietro e Paolo, i quali gli dissero di andare a cercare Silvestro. L’imperatore pensò fosse un dottore e mandò qualcuno affinché lo trovasse. Silvestro accettò di vedere l’imperatore. Dopo una breve penitenza, l’imperatore fu battezzato nel palazzo Laterano. Immediatamente dopo il battesimo, le ferite scomparvero. L’imperatore fu talmente felice che fermò la persecuzione, ed il cristianesimo divenne fede ufficiale.

Poco dopo, l’imperatore Costantino ricevette a Bitinia da sua moglie, Elena, una lettera in cui gli chiedeva di passare al giudaismo, “la vera ed unica fede”. L’imperatore chiamò il papa ed il rabbino affinché gli dimostrassero la vera fede. Dopo che ebbero discusso senza arrivare ad alcuna conclusione, decisero di appellarsi al “giudizio di Dio”. L’imperatore ordinò che gli fosse portato un toro; il rabbino si avvicinò per primo e sussurrò alle orecchie di quest’animale un verso della Torah. Immediatamente, il toro crollò morto a terra. Poi fu il turno di Silvestro. Lui si avvicinò all’orecchio del toro e pronunciò il nome di Cristo. Il toro si rialzò immediatamente e scappò via. Deluso e confuso, l’imperatore decise di abbandonare Roma e spostarsi in Oriente, dove fondò la città di Costantinopoli. Prima di partire, affidò la giurisdizione civile dell’occidente al papa Silvestro ed riconobbe la supremazia del vescovo di Roma sui patriarcati di Alessandria, Antiochia, Gerusalemme e Costantinopoli. Il papa ha ricevuto allora anche il titolo di Basileus – “colui che porta il mantello rosso, lo scettro ed il cavallo,” ossia, che aveva potere regale. Il clero era uguale al senato ed aveva il diritto di portare vesti bianche. L’imperatore portò personalmente l’atto di donazione e lo mise sulla tomba di S. Pietro.52.

Papa Stefano II (752-757), minacciato dai longobardi, per il timore di diventare un semplice vescovo cosi che le sue ricchezze e quelle della chiesa cadessero nelle mani degli stranieri, si presentò con il documento alla corte del re dei franchi Pipino, chiedendogli aiuto per conquistare i territori che “gli appartenevano”.

“La scena è stata drammatica. Stefano II si è messo in ginocchio davanti a Pipino e, con lacrime negli occhi, gli ha chiesto “di difendere la causa di Pietro e della Repubblica Romana”. Secondo il cronista Moissac, il papa è venuto vestito con un sacco, con la testa ricoperta di cenere, e si è gettato ai piedi di Pipino, dicendo che non si sarebbe rialzato fino a quando l’imperatore non avrebbe restituito i possedimenti romani.”53

Dopo un certo periodo di dubbi, Pipino h liberò Roma e delegò all’abate Dionigi la donazione dei territori del papa. In questo modo furono messe le fondamenta dello Stato del Vaticano. Questo regno avrebbe avuto un ruolo cruciale nella storia del mondo.

Solo trecento anni dopo, nel 1075, papa Gregorio VII emanava l’editto Dictatus Papae,54 con il quale affermava che i diritti e le prerogative del papato sono sopra ogni potere temporale. Nel corso 51 Pro salute innocentium mori quam per interitum eorum vitam recuperare crudelem. 52 A. Gaudenzi, Il Costituto di Costantino, in «Bollettino dell'Istituto Storico Italiano» 39 (1919), pp. 87-112, e da R. Cessi, Il Costituto di Costantino, in «Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti», 68 (1928-29 II), pp. 972-1007; Il Costituto di Costantino, fonti ed età di composizione , in «Annali della R. Università di Trieste», I (1929); Le couronnement imperial de l'an 800 et la Donatio Constantini , in «Bullet. de Littérature Ecclesiastique» 1958, pp. 193-211. Fliche e Martin , Storia della Chiesa , Torino 1948, vol. VI, pp. 374-378. Il Costituto di Costantino, in «Rivista Storica Italiana», 48 (1931), pp. 155-176; G.P. Kirsch , La Donatio di Costantino , in «La Scuola Cattolica» 1913, II, pp. 198-213. H. Ullmann , The Growth of Papal Government in the Middle Age , London 1955, pp.74-78. 53 F. Marcora, Storia dei Papi, vol. I Milano s.d., pag. 39. L. Duchesne, I primi tempi dello Stato Pontificio, tradotto da Salvatorelli, torino 1847; L.Pareti, Storia di Roma, vol. VI, Torino, UTET, 1962. 54H.X. Arquilliere , La signification Théologique du pontificat de Gregoire VII , in «Revue de l'Université d'Ottawa» 1950, p. 140-161; S. Gregoire VII , Paris 1934; C. Marcora , Storia dei Papi , vol. II, Milano 1962, pp. 286-322; P.E. Santangelo , Gregorio VII e il suo secolo , Milano 1945; E.M. Peltz, Das Originalregister Gregorius VII, Vienna 1911, pp. 265-286.

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dei secoli, chi osava porre sotto il segno del dubbio la “Donazione di Costantino” veniva considerato eretico e, senza alcuna pietà, veniva messo al rogo.

Dante, nella Divina Commedia, diceva: “O, Costantino, quanto male sei stato capace di fare,

non la tua conversione, ma la dote che da te prese il primo ricco padre.”55 L’imperatore Ottone III, nel celebre diploma Aurea Roma, scritto nel gennaio 1001, dopo che parla di Roma “capitale del mondo e madre delle chiese” – “Romam caput mundi profitemure, Romanam Ecclesiam matrem omnium ecclesia rum essa testamur”, denuncia senza vergogna l’ambizione al potere dei papi, dicendo che la “Donazione di Costantino” fosse un falso fatto dalla Curia.56

Il falso fu reso pubblico nell’anno 1433, dal cardinale e filosofo tedesco Nicola Cusano.57 Sette anni dopo, Lorenzo Valla (1440) rafforzò quanto detto dal filosofo tedesco, cosi l’atto della Donazione aveva portato alla crescita del potere e all’arricchimento della Chiesa sulla base di mezzi infimi.

Oggi, nessuno crede più alla storia di Silvestro e tutti gli storici ed i teologi ne confermano la falsità, pero questi due legende fano cornice ad un’altra ancora più famosa, che per centinaia di anni fu considerata “verità base” per la venuta di Pietro a Roma. V’invito ad analizzarla insieme.

CAPITOLO V

SULLE ORME DI SIMONE MAGO

A. LEGGENDA A CONFRONTO

Simone il Mago lo incontriamo per la prima volta nel libro degli Atti degli apostoli mentre Pietro e Giovanni si trovavano in Samaria. Colpito dall’effetto del potere dello Spirito Santo, Simone aveva offerto del denaro ai discepoli, chiedendo in cambio questo straordinario potere. Pietro intervenne immediatamente: “Il tuo denaro vada con te in perdizione…vedo, infatti, che tu sei pieno d' amarezza e prigioniero d' iniquità.”58 Intorno a quest’avvenimento biblico si sono creati, nei primi secoli, una moltitudine di leggende con un unico scopo: rafforzare l’autorità e la presenza di Pietro a Roma.

Intorno all’anno 150, sotto l’influenza di Marcione, sono comparse diverse correnti gnostiche che mettono in opposizione Simone, Pietro e Paolo. In Omilie Clementine, scritta intorno allo stesso periodo, si parla di Pietro, il quale lotta contro Simone. Giustino il Martire ed Ireneo sostengono che Simone il Mago sia venuto a Roma durante il regno di Claudio e che abbia fondato un suo movimento. Si è costruito, in suo onore, un altare sull’isola Tiberina. Altri studi hanno confermato la falsità di quanto detto da Giustino ed Ireneo, poiché l’altare apparteneva a una divinità sabina.

Gregorovius , La Storia della città di Roma nel Medioevo , Roma 1900, vol I, p. 546, Storia della Chiesa dalle origini ai nostri giorni, in XXIV vol. I, vol. VIII, Augustin Fliche, La riforma gregoriana e la riconquista cristiana (1057-1123), pp. 112,113, S.A.I.E., Torino 1972. 55 Dante, Divina Comedia, Inferno XIX, vv.115-116. 56 Storia dei Papi e del papato, Cap. XX, pag. 538-539, Omodeo, Saggi sul Cristianesimo antico, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1958, pag. 469 e p. 470. 57 Dichiarazione presentata al Concilio di Basilea, 1433. in De concordantia catholica. 58 Atti 8,20.23.

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La storia è ripresa anche da Girolamo, il quale si affretta ad apportare elementi concreti: la data esatta dell’arrivo, lo scopo e l’anno della morte di Pietro a Roma.

“Pietro è arrivato a Roma nel secondo anno dell’imperatore Claudio per sconfiggere Simone il Mago. Qui ha occupato la cattedra sacerdotale per venticinque anni, fino all’ultimo anno di Nerone.”59 Lo storico Eusebio non fa eccezione. Dopo che narra del successo di Simone il Mago nella

Città Eterna, presenta l’intervento provvidenziale di Dio che guida l’apostolo affinché fermi l’eresia. Ecco il passaggio di Eusebio:

“Nell’epoca del regno di Claudio, la divina Provvidenza ha guidato per mano a Roma il grande apostolo Pietro, il quale, tramite le sue virtù, risvegliava tutti… come un vero stratega di Dio, armato con gli strumenti spirituali, ha portato dall’Oriente all’Occidente la luce preziosa…In questo modo la forza di Simone è stata spenta.”60 La versione più pittoresca di questa leggenda viene rappresentata nell’apocrifo Atti di Pietro.

In quest’opera, si dice che Simone il Mago fosse talmente avido, che ha rubato i gioielli di una donna ebrea, chiamata Eubola. Lei accusò gli schiavi, pero Pietro scoprì il vero ladro. Simone il Mago, pieno di vergogna, scappò a Roma. Qui riuscì ad ingannare i cristiani facendo vari miracoli e magie. Pietro riceve una visione nella quale Cristo gli dice cosa succederà nella chiesa di Roma, e cosi va a cercare Simone.

Arrivato alla dimora di quest’ultimo, incontra il portiere, il quale gli dice che il Mago non era a casa. Allora, Pietro ordina al cane di annunciare il suo arrivo. Il cane annuncia il suo padrone e, a sua volta, “profetizza” a Pietro che “dovrà affrontare una lotta feroce con il nemico di Cristo.”61 Compare anche Simone ed inizia il confronto. Simone fa miracoli. Anche Pietro ne compie, tra i quali resuscita il figlio di una vedova. La folla iniziò a gridare: “Esiste un solo Dio, uno unico il Dio di Pietro.”62

Arrabbiato per la presenza degli apostoli Pietro e Paolo, Simone il Mago andò dall’imperatore Nerone accusando i due di disobbedienza. I due apostoli comparirono davanti all’imperatore cercando di dimostrare la propria innocenza. Per dimostrare l’esistenza di Gesù, Pietro fece appello alla testimonianza di Pilato. Alla fine, Simone affermò che sarebbe riuscito a volare. Nerone ordinò la costruzione di una torre di legno, a Campo Marzo. Il giorno seguente ve si radunò una grande folla. Simone salì in cima alla torre, Paolo iniziò a pregare, mentre Pietro faceva esorcismi. Simone si buttò e cadde schiantandosi. Paolo e Pietro vennero arrestati e condannati63.

59 Girolamo, De viris illustratibus, I, in G. Mierge, Pietro a Roma, Claudiana, 1974, p. 12. 60 Eusebio, Storia Eclesiastica, II, p. 14, 6. 61“Simone, in casa, così parlava al cane: "Dì a Pietro ch'io non sono in casa". Ma il cane in presenza di Marcello, rispose: "Scelleratissimo e sfrontato nemico di tutti coloro che vivono e credono in Gesù Cristo! Ecco che io, animale muto, mandato a te, ho ricevuto la parola umana per confonderti e provare la tua impostura e le tue menzogne; e tu hai riflettuto tante ore per dire: "Dì a Pietro ch'io non sono in casa". Non ti vergogni di elevare, contro Pietro, ministro e apostolo di Cristo, la tua voce debole e inutile quasi che tu possa nasconderti da colui che mi ha ordinato di parlarti di presenza? E questo non per te, ma per coloro che tu seducevi conducendoli alla rovina Sarai dunque maledetto, nemico e corruttore della via della verità di Cristo, il quale punirà con il fuoco eterno le iniquità da te commesse, e tu sarai nelle tenebre esteriori.” Primo scontro tra Pietro e Simone, Atti di Pietro, XII, 1. 62 Atti di Pietro, XXVIII, 7-9. 63 L’opera apocrifa intorno al 200 d.C. in Asia Minore, mantenuta nel manoscritto copto e in quello latino (Manoscritto di Vercelli). Questo documento parla, tra le altre cose, anche della figlia di Pietro, chiamata Petronella (raccontato in Atti di Nereo e Achilleo), la quale era paralizzata. Molti uomini, vedendo i miracoli fatti dall’apostolo, lo hanno pregato di guarirla. Pietro ha risposto loro: “la bambina è paralizzata perché un certo Tolomeo si è innamorato di lei.”Alla fine viene guarita.

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Questi racconti sono stati presentati dai primi storici con tanta convinzione, che gli uomini li hanno creduti assolutamente veri. Purtroppo, il fatto che siano stati scritti da storici importanti non ne hanno assicurato la veridicità. Nell’epoca moderna sono molti gli storici che affermano che il tutto sia solo un racconto: il teologo L. Duchesne, anche se ha lottato fino allo stremo per difendere la dottrina di Pietro, riconosce queste “favole giudaiche64”. Grisar dice che “la storia di quello strano volo è un racconto65”, mentre Semeria, nel libro Dogma e gerarchia nella Chiesa primitiva dedica un intero capitolo a questa storia ed afferma che “la storia è da non credere”. In modo suggestivo, lui intitola questo capitolo: “Meglio ritirarsi, che schiantarsi66”.

Ritirata!? Neanche per sogno! Anche se la storia è ridicola, contiene due elementi di grande importanza per la Chiesa Romana: la data ed il pretesto dell’arrivo di Pietro a Roma. Nonostante che sia una leggenda, è mantenuta con santità. Sorge però un quesito: com’è possibile accettare la leggenda e la verità nello stesso tempo? O tutto è menzogna, o tutto è verità.

CAPITOLO VI

VESCOVO PER VENTICINQUE ANNI

“Fissando lo sguardo su di lui, disse: Tu sei Simone, il figlio di Giovanni: ti chiamerai Cefa”

Giovanni 1;42

A. TESTIMONINAZE FAVOREVOLI

Gli storici Giustino il Martire, Ireneo ed Eusebio di Cesarea parlano unanimemente dell’arrivo

di Pietro a Roma “al tempo dell’imperatore Claudio67”. Egli ha occupato il seggio sacerdotale per venticinque anni. Gerolamo riprende l’informazione di Eusebio aggiungendovi la data esatta:

“Dopo che Pietro è stato vescovo della chiesa di Antiochia e dopo che ha predicato ai giudei del Ponto, della Cappadocia, dell’Asia e della Bitinia, è arrivato a Roma, nel secondo anno dell’imperatore Claudio…, dove ha occupato la cattedra sacerdotale per venticinque anni, fino all’ultimo anno di Nerone68”.

Tolomeo cerca di rapirla. Ha una visione e confessa il peccato…L’episodio era noto anche ad Agostino, ma in una forma diversa. Il nome della ragazza, di origina latina è una conferma chiara della leggenda. Agostino, Contra Adimantum 17, 5 CSEL 25, p.170. James, 1. c., 300-302 in Fausto Salvoni, Da Pietro al Papato, pag. 81. Girolamo ha detto che Pietro ha avuto più figli. Girolamo, Adversus Jovinianum 1, 126 PL 23, 257. 64 Duchesne, Histoire ancienne de l’Eglise (1906-1910) cap. I, p.130. 65 Grisar, Roma alla fine del mondo antico, vol. I, p.200. 66 Semeria, Dogma, gerarchia e culto nella chiesa primitiva, pag. 167-185, in Miergge G., Pietro a Roma, ed. Claudiana, Torino, 2006, p. 14. 67 L’Apostolo Pietro, dopo che ha fondato la Chiesa di Antiochia, è stato mandato a Roma, dove ha predicato il Vangelo per 25 anni - Corpus Berolinensis VII/I, p. 179. 68 Romam pergit ibique vigintiquinque annos cathedram sacerdotalem tenuit usque ad ultimum annum Neronis, i. e. quartumdecimum - Gerolamo, De viris illustribus, I ,12, PL 23, 607, în S. Garofalo , La prima venuta si S, Pietro a Roma nel 42 , Roma 1942; Mierge G., Pietro a Roma, Claudiana, 1974, p.12 ed in Giovanni Perrone, San Pietro in Roma, La verita storica del viaggio di San Pietro a Roma, Tipografia Pontificia, Torino, 1864, p.49 .

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La stessa informazione la troviamo anche nell’apocrifo Atti di Paolo e Pietro e, particolarmente,

nel Catalogo liberiano (IV secolo). Ecco il citato: “Dopo l’ascesa di Cristo, il beato Pietro ricevette l’episcopato. Per venticinque anni, un mese e

otto giorni. Fu (vescovo) al tempo di Tiberio Cesare, Caio, Claudio e Nerone…”69 Da questa lista di prove fa parte anche l’affermazione di Lattanzio e Girolamo. Dopo l’ascesa, i

discepoli si sono sparsi su tutta la terra per predicare il Vangelo… “… per venticinque anni, fino all’inizio dell’impero di Nerone, in tutte le province, in ogni città

essi gettarono le basi della Chiesa. E sotto il regno di Nerone venne a Roma Pietro.” 70 "Simon Pietro venne a Roma per debellare Simon Mago …occupò a Roma la cattedra

episcopale per venticinque anni, fino all'ultimo anno di Nerone ….fu crocefisso con il capo all'ingiù e i piedi rivolti verso l'alto, dichiarandosi indegno di venir crocefisso come il suo Signore."71

Una fonte molto importante è l’Annuario pontificio del 1877, pubblicato dalla Tipografia Vaticana:

“San Pietro di Betsaida in Galilea, il principe degli apostoli, scelto da Gesù al rango di Pontefice Supremo…è stato prima in Antiochia, poi a Roma, dove ha sofferto il martirio. La Chiesa ha festeggiato il XVIII° centenario del giorno della sua morte il 29 giugno 1877. Egli ha guidato la cattedra romana per 25 anni, 2 mesi e 7 giorni.”72

Teologi più antichi o più moderni hanno sostenuto queste dichiarazioni: Neander, nella sua

Istoria, insiste nella difesa della tradizione: “E’ anormale mettere sotto il segno del dubbio la tradizione mantenuta da millenni, che Pietro sia venuto a Roma73”. Collu dichiara: “è fuori d’ogni discussione il fatto che la comunità cristiana sia stata fondata dai due grandi apostoli, secondo la tradizione universale della Prima Chiesa.”74

B. COSA DICONO LE SCRITTURE?

1. Il silenzio del Nuovo Testamento Nessuno dei libri canonici del Nuovo Testamento fa alcun riferimento all’arrivo dell’apostolo a

Roma. Il vicepresidente del Senato Italiano, sua eccellenza Domenico C. Contestabile, scrivendo al 69 Furio Dionisio Filocalo, Catalogo liberiano, (352-363 si trova in Calendario filocalino insieme a Depositio episcoporum ( una lista di 12 vescovi da Pietro a Liberio), e Depositio martyrum (una lista di martiri), in Mierge G., Pietro a Roma, Ed. Claudiana, Torre Pellice, 2006, pp.19,39,40. 70 Lattanzio, De morti bus persecutorum, c.2. 71 Girolamo ( 374-420 d.Cr.), Gli uomini illustri, I. 72 Annuario pontificio, pubblicazione ufficiale, in Francesco di Silvestri-Falconeri, L’Apostolo san Pietro è mai stato in Roma? Ed. La speranza, Roma, 1925, p. 21. 73 Neander, Storia universale della religione e Chiesa cristiana, tom. 1, parte 1, p. 317. 74 Nell’originale „non potrebbe mai mettersi in dubbio con argomenti storici ma solo con suggestioni di un cieco zelo” Collu, Enciclopedia universale delle scienze ed arti, di Eusch e Gruber, part XVIII, p. 47.

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direttore del giornale 30 Giorni, prende in discussione il silenzio degli Atti degli Apostoli. Questo è un argomento forte75. Non solo gli Atti degli apostoli tacciono, ma lo fanno anche tutti i libri del Nuovo Testamento. Analizziamo brevemente cosa dicono.

2. Atti degli Apostoli

L’apostolo Pietro compare in diversi luoghi. Lo troviamo alla Pentecoste insieme ai discepoli,

poi, per un tempo, è leader a Gerusalemme (Atti 1-5). Non molto dopo, è missionario in Giudea, Galatia e Samaria (Atti 9,31-32). Fa miracoli in Samaria, (Atti 8,14), in Lidia e in Iope (Atti 9,32-42). In quest’ ultima città si dice che “è rimasto molti giorni da un conciatore chiamato Simone” (Atti 9,43). In seguito, Pietro è andato in Cesarea (Atti 10) e da lì a Gerusalemme. Nell’anno 45, Erode lo arresta ed è liberato da un angelo. Dopo che è uscito dalla prigione, l’unica cosa che sappiamo è che “è andato in un altro luogo.”76 Dove? Non viene detto. La Bibbia non da alcun indizio. Quello che sappiamo con sicurezza è che non è stato a Roma per venticinque anni, così come dice la tradizione.

L’imperatore Claudio ha iniziato il suo regno nell’anno 40. Secondo la tradizione, Pietro sarebbe dovuto essere nella capitale, ma nell’anno 49, l’imperatore emana un editto di espulsione dei giudei, probabilmente a causa delle agitazioni che vi erano tra di loro per via di Chresto (Cristo)77 (Atti 18,2).

Poco tempo dopo ciò, nell’anno 49/50, Pietro è presente al Sinodo di Gerusalemme.78 Lui partecipa attivamente e, dopo la chiusura dei lavori sinodali, continua ad operare nell’area d’influenza giudaica. Dall’epistola ai Galati sappiamo che è stato per un periodo in Antiochia.79 Lui si trovava nella città “prima dell’arrivo di alcuni da parte di Giacomo” (Galati 2,12), mentre “mangiava con persone non giudaiche.” Dopo l’arrivo di quelli della Giudea, lui ha iniziato a “simulare”, mangiando solo con gli ebrei (vers.13).

Nel saluto del sinodali di Gerusalemme verso gli altri non si fa alcuna menzione alla comunità di Roma. “I fratelli apostoli e anziani, ai fratelli di Antiochia, di Siria e di Cilicia che provengono dal paganesimo, salute!” (Atti 15,23).

Più tardi, Paolo giunge prigioniero a Roma. Nessun giudeo aveva saputo di Paolo (che era già uno dei grandi missionari dell’Asia) e non sapevano cosa predicasse (Atti 28,21). Di conseguenza, hanno deciso un giorno in cui “annunziasse loro il regno di Dio” (Atti 28,23). Solo allora i leader giudei hanno conosciuto il cristianesimo, e non venticinque anni prima come racconta la leggenda.

Solamente questa semplice revisione di qualche passaggio biblico ci porterà alla conclusione che sia impossibile affermare che Pietro sia stato a Roma per venticinque anni, mentre lui è, nello stesso periodo, a Gerusalemme, Galatia, Ponto, Samaria ed Antiochia.

3. Epistola verso i Galati

75 ..negli Atti degli Apostoli (quelli autentici, non quelli apocrifi di Marcello) non si parla della venuta di Pietro a Roma? Pure essi descrivono con sufficiente dettaglio i primi anni del cristianesimo: mi sembra questo un argumentum ex silentio forte” Lorenzo Bianchi, „Pietro a Roma”, în 30 Giorni, anno XVIII, febbraio 2000, p. 88-91. 76 Atti 12,17. 77 Judaeos impulsore Chresto assidue tumultuantes Roma expulsit - Secondo Svetonio, Divus Claudius 25 (At 18, 2) in W. Seston, L'empereur Claude et les Chrétiens , in «Rev. d'Hist. et de Philosoph. Relig.», 1 (1931), pp. 275-304; A. Momigliano , L'opera dell'imperatore Claudio , Firenze, 1932. 78 Sinodo di Gerusalemme, anno 49/50. Atti 15; Galati 2,1-10. 79 L’apostolo Paolo lo affronta duramente per il fariseismo che Pietro aveva mostrato “gli resistei in faccia perché era da condannare.” Gal. 2,11-14.

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In Galati 2,1-9, Paolo dice: “Dopo quattordici anni, sono salito di nuovo a Gerusalemme…e Giacomo, Cefa e Giovanni hanno dato a me e Barnaba la mano in segno di comunione perché andassimo noi agli stranieri, ed essi ai circoncisi” Nel versetto 7, l’affermazione è ancora più chiara: ”… a me era stato affidato il vangelo per gli incirconcisi, come a Pietro per i circoncisi”. Secondo questo tacito accordo tra Paolo - i tre pilastri della chiesa di Gerusalemme, Roma faceva parte della zona di lavoro di Paolo.

4. Epistola verso i Romani

Nell’anno 56/57, l’apostolo Paolo, probabilmente mentre si trovava a Corinto, salutava i romani

e, anche se salutava molti membri di quella chiesa, non ricorda in alcun modo il discepolo di Galilea. La data della lettera è di 7-8 anni precedente alla persecuzione di Nerone. Secondo le leggende cristiane, lui sarebbe dovuto essere nella città eterna da 18 anni. Parlando della fede dei romani, Paolo afferma: “la vostra fede è divulgata in tutto il mondo80”. È impossibile che i romani fossero noti al mondo intero e che nessuno sapesse niente di Pietro.

5. II Timoteo

L’epistola è scritta da Paolo da Roma, secondo l’opinione dei teologi, intorno agli anni 61/62, mentre era nell’attesa dell’imminente morte, due o tre anni prima delle persecuzioni di Nerone. In questa lettera non fa alcun riferimento a Pietro e, in aggiunta, dice “Solo Luca è con me” (2 Tim. 4,10), dichiarazione che non sarebbe stata fatta se Pietro fosse anche lui a Roma, secondo quanto detto della tradizione.81

Dopo che Luca descrive con minuzia i dettagli dell’attività pastorale di Pietro a Gerusalemme (nel libro dei Fatti degli apostoli), bruscamente, interrompe ogni informazione. Se, così come afferma la tradizione, avesse trasferito l’autorità vescovile da Gerusalemme a Roma e, in aggiunta, avesse portato il primato personale ai vescovi di questa città, gli scritti del Nuovo Testamento avrebbero presentato tutti i dettagli. Perché questa cosa? Risponde in modo molto semplice lo storico Carlo Falconi:

“La brusca interruzione delle cronache bibliche e il silenzio assoluto, ignorandolo quasi in modo volontario, dal punto di vista della critica scientifica, non può che avere un solo significato: quello che il suo ruolo e quello della sua missione, in modo ufficiale, erano conclusi.”82

C. CONTRADDIZIONI STORICHE

Come abbiamo visto nei citati precedenti, anche la tradizione ecclesiastica è piena di contraddizioni. Eusebio ed altri scrittori ecclesiastici dicono che Pietro sia arrivato al tempo di Clausio,

80 Romani 1,8 81 Diversi scrittori ecclesiastici collocano la morte di Pietro nell’anno 64, altri nel 65. La tradizione nell’anno 67. In ognuno di questi casi lui avrebbe dovuto trovarsi a Roma. Gerolamo De viris illustribus, I ,12 e nell’apocrifo Atti di Pietro, ed. Lipsius, pp. 172. Margherita Guarducci, La data del martirio di Pietro, in „30 Giorni”, anno XIV, marzo 1996, p. 79-82. Margherita Guarducci, La data del martirio di san Pietro, in «La parola del passato: Rivista di studi antichi», n. 267, Napoli 1968. 82 Carlo Falconi, Storia dei Papi, Compagnia Edizioni Internazionali, Roma-Milano, vol. I, 1967, p.50.

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Lattanzio e Nerone, mentre il Catalogo liberiano, al tempo di Tiberio Cesare. L’Annuario pontificio e il Catalogo liberiano danno date diverse per la morte dell’apostolo.

Girolamo, in De viris illustribus83, dice che Pietro sia morto due anni dopo Seneca. Tacito, negli Annali, dice che Seneca sia stato ucciso al tempo dei consoli Licinio Nerva Siliano e Marco Vestinio, nell’anno 65. Aggiungendo i due anni, allora la “crocifissione” di Pietro avrebbe avuto luogo nell’anno 67. Compare però un problema molto serio: la persecuzione contro i cristiani era già conclusa. Alla fine dell’anno 66, Nerone è andato in Grecia per sostenere una serie di rappresentazioni artistiche e partecipare ai Giochi Olimpici. Ha trascorso molto tempo in Grecia. Svetonio parla della gloria e degli allori che aveva ricevuto. Nerone vi è rimasto in Grecia fino alla fine dell’anno 67.84

Al ritorno si è fermato a Napoli. È rimasto qui finché non gli è giunta la notizia della rivolta in Gallia. Alla fine della primavera del 68 è tornato a Roma, dove ha fatto un’entrata fastosa. Svetonio descrive l’imperatore vestito di porpora, con un mantello coperto di stelle d’oro, sulla testa un alloro conquistato ai Giochi Olimpici, tenendo in mano un’altra corona conquistata ai Giochi Pitici. Altre corone erano portate davanti a lui, con l’iscrizione di dove e come fossero state conquistate. Una folla lo circondava, portandogli lode. Lungo la strada venivano gettati fiori, ornamenti e confetti85. Poco dopo, il 19 giugno, una rivolta popolare lo ha costretto ad abbandonare il palazzo reale e, nella disperazione, Nerone si è suicidato.

È evidente come in questo periodo non vi sia stata alcuna persecuzione contro i cristiani e che Nerone non sia stato a Roma per giudicare il “caso di Pietro” guidando poi l’esecuzione, così come ci dice Girolamo. La signora Guarducci dice che “l’intervallo compreso tra gli anni 66 e 68 è escluso senza ombra di dubbio perché Nerone era occupato a viaggiare in Grecia.86

Un’altra contraddizione la troviamo grazie a Eusebio di Cesarea: “ L’apostolo Pietro, dopo che ha fondato la chiesa di Antiochia, è stato mandato a Roma, dove ha predicato il Vangelo per venticinque anni.”87 Per iniziare, Eusebio dice che Pietro abbia fondato la chiesa di Antiochia, e in seguito quella di

Roma, pero la chiesa di Antiochia non è mai stata fondata da Pietro, ma dai viaggiatori venuti da Gerusalemme. Il primo tra di loro era “Nicola, un proselito dell’Antiochia” (Atti 6,5), poi “i fedeli di Cipro e Cirene” (Atti 11,19.20). Il primo missionario ufficiale fu Barnaba (Atti 11,22). Lui arrivo quando la chiesa era già stata fondata. A sua volta vi portò Paolo (Atti 11,25-26). In Atti 13 vengono presentati i profeti e maestri dell’Antiochia: “ Barnaba, Simone, detto Niger, Lucio di Cirene, Manaen, che era stato cresciuto insieme al guidatore Erode, e Saulo.”88 Pietro compare solamente in seguito (Galati2,11).

È evidente che Eusebio non abbia letto attentamente la Bibbia, altrimenti non avrebbe fatto delle dichiarazioni così strane. Se la prima parte del paragrafo risulta falsa, non so quale credibilità possa avere il resto. Non è forse normale mettere in dubbio l’intera affermazione? Lo stesso errore è stato fatto da Girolamo.

83 De viris illustribus, I ,12 in G. Mierge, Pietro a Roma, Claudiana, 1974, p.12 e in Giovanni Perrone, San Pietro in Roma, La verità storica del viaggio di San Pietro a Roma, Tipografia Pontificia, Torino, 1864, p.49 84 Dio lib. 63, Suetonius in Nerone cap.22 e Josephus libro 3 de Bello Judaic in Lodovico Antonio Muratori, Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all' anno MDCCXLIX, Dalla Societa Tipografica dei Classici Italiani Contrada del Cappuccio, Din anul 1 la anul 117, vol. I, Milano, 1818, pp. 333 -456 85 Suetonius , Nerone cap.22 Idem 68; Dio lib. 63 86 Margherita Guarducci, La data del martirio di Pietro, în „30 Giorni”, anno XIV, marzo 1996, pp. 79-82. 87 Corpus Berolinensis VII/I, p.179 88 Atti 13:1

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Anche i teologi moderni hanno opinioni contraddittorie.89 Uno dei più importanti teologi cattolici, Luigi Duchesne, consapevole di questo problema, dice che non ci sono prove riguardanti la data di arrivo di Pietro a Roma:

“Quando Paolo ha acquisito la libertà, il San Pietro è arrivato a Roma. Forse anche prima, ma questo fatto non può essere dimostrato … sono stati fatti calcoli infondati, per dimostrare che Pietro sia arrivato al tempo di Claudio (42) o anche Caligola (39)…lasciamo che il mistero copra questa pagina d’inizio.”90 Non posso non menzionare il grande teologo Ernesto Buonaiuti, il quale afferma che gli albori

della Chiesa Romana si perdono nelle più sorprendenti leggende: “La storia del costituirsi e dell’evolversi della Chiesa romana e dei suoi poteri iniziali è senza dubbio uno degli aspetti più romanzeschi e più sorprendenti nella storia del cristianesimo. In questo campo più che negli altri di tale storia, la leggenda ha così profondamente investito i dati primordiali che vorrebbero essere il fondamento e la giustificazione di tali poteri, che gli storici più accorti e più scrupolosamente preoccupati della perfetta oggettività, riescono a fatica a svincolare la realtà dai rivestimenti che le hanno imposto la capacita fabulatrice della massa credente e l’interesse apologetico della autorità costituita… Il padre della storia ecclesiastica, Eusebio di Cesarea, è quegli che più validamente ha contribuito alla divulgazione della deformata visione delle origini cristiane.”91 La tradizione del vescovato di venticinque anni è una favola. Nell’epoca moderna, nessuno serio

teologo non accetta più questa leggenda. Nonostante ciò, è mantenuta nella cronologia ufficiale. L’accettazione della realtà può rivelarsi talmente scomoda, che la Chiesa Cattolica preferisce fare un doppio gioco: da un lato sostenere la tradizione (nei documenti ufficiali, nelle prediche e nei libri distribuiti alle larghe masse), dall’altro tollerare l’opinione dei diversi teologi che la contraddicono.92

Se Pietro non è stato il primo missionario cristiano a Roma, rimane una domanda: chi ha fondato la chiesa in questa città? La risposta non è facile. Quando Paolo arrivò in Italia, trovò due gruppi di cristiani: uno a Pozzuoli93 l’altro a Roma94 Questa chiesa è stata fondata con buona probabilità dai primi missionari arrivati da Gerusalemme nell’occasione della Pentecoste. Tra di loro c’era qualche ebreo che abitava a Roma e che si era convertito al cristianesimo. Tra essi c’erano Aquila e Priscilla, missionari arrivati da Roma al tempo di Claudio. Insieme a loro ci sono anche altri. Nel Nuovo Testamento non abbiamo nessun riferimento a questi primi missionari. Nella letteratura patristica incontriamo solo storie prive di autorità storica. Nella prima lettera di Clemente ai Corinzi (97-98 A. Cr.) ci viene parlato della: “Chiesa di Dio pellegrina a Roma”95 e non si fa nessun riferimento al primo

89 “È stato crocifisso il Principe degli apostoli il Santo Pietro, nell’anno 65, di Nerone, il 29 giugno.” , Lodovico Antonio Muratori, op. cit. p. 333. Il moderno storico e teologo cattolico, Marucchi cade in questa contraddizione. Dopo che dice che non può essere stabilita con sicurezza né la data d’arrivo né il periodo di permanenza di Pietro a Roma, afferma: „Pietro ha fondato la Chiesa romana ed ha avuto un lungo vescovato…la tradizione di 25 anni è ancora rispettata perché è presentata da Eusebio, il padre della storia”. Marucchi, Roma Sotterranea Cristiana, Ed. Libreria Spithoever, Roma, 1909, p. 3,5, e Marucchi, Le Catacombe ed il Protestantesimo, Ed. E. F.Pustet, Roma, 1911, pp. 38-108. 90 Luigi Duchesne, Histoire ancienne de l’Eglise, Ed. Fontemoinge C. , tom I, Paris, 1911, pp 55-61. 91 Eresto Buonaiuti, Storia del Cristianesimo, Newton & Compton Editori, Roma, 2003, p.92. 92 Vedi gli studi di Marucchi, Wilpert, Duchesne. 93 Atti 28,13-14 94 Atti 28,15; Rom.15,20 95 Clemente Romano, Lettera ai Corinti, , a cura di Igino Giordani, Istituto Missionario Pia Società S. Paolo, Roma 1944, p. 111

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missionario né al primo vescovo. Con certezza la Chiesa è stata fondata da missionari sconosciuti che hanno portato la Parola della vita in questa città.

CAPITOLO VII

LE FESTE

A. LA FESTA DI PIETRO E PAOLO

III calendas Julias: Petri in Catacumbas et Pauli Ostense, Tusco et Basso Consulibus96- „Nel terzo giorno prima delle calende di luglio: fiesta di Pietro al Vaticano, di Paolo sulla Via Ostiense…”97

La data per la commemorazione di Pietro e Paolo è il 29 luglio. Agli albori, questa celebrazione si teneva nelle catacombe, e non in Vaticano. Il Martyrologium Hieronymianum del V secolo corregge: III calendas Julias: Petri in Vaticano e sposta la festività nel Vaticano. Paolo invece viene commemorato sulla strada Ostiense.

Perché questa data e non un’altra? Ci risponde la nota professoressa Margherita Guarducci: “Ma perché proprio il 29 giugno? La scelta di questa data affonda le sue radici nell'età pagana. Né è questo a Roma l'unico caso del genere: fenomeno tutt'altro che strano, quando si pensi che dalla secolare e ricchissima tradizione della Città il Cristianesimo assorbì di volta in volta innumerevoli elementi sia pure trasfigurandoli nello spirito della nuova Fede. Ora, il 29 giugno, sul colle Quirinale, nel santuario pagano di Romolo Quirino, veniva ricordata la fondazione di Roma: avvenimento memorabile per tutti i cittadini dell'Urbe. Si pensi allora che, se i pagani consideravano fondatori di Roma i divini fratelli Romolo e Remo, i Cristiani consideravano tali gli Apostoli Pietro e Paolo. Ecco dunque il legame che unì la festa cristiana a quella pagana: Pietro e Paolo fondatori della Roma cristiana come Romolo e Remo lo erano stati della Roma pagana…”98

Alla metà del V secolo, papa Leone Magno, in una delle sue prediche (nr. 82), invita i cristiani a separare le due festività. Tentativo inutile, ormai tutto il contenuto della festività pagana era penetrato nel cristianesimo. E non solo le feste; oggi nel Foro Romano si possono vedere i templi antichi trasformati in chiese: Tempio di Romlo e Remus trasformato in Chiesa St. Cosma a Damiano con l’intervento di 96 Depositio martyrum, informazioni anche nel Martirologio Geronimico: III calendas Julias: Petri in Vaticano, Pauli vero in Ostiensi... Depositio martyrum e H.Quentin - H. Delehaye, Martyrologium Hieronymianum, Bruxellis 1931, p. 343 “III calendas Julias: Petri in Vaticano, Pauli vero in via Ostiensi, ultiusque in catacumbas, Basso et Tusco C0nsulibus” in Martirologio Geronimiano in . G.Miegge- C. Papini, Pietro a Roma, Claudiana, Torino, 2006, p. 43. 97 La datazione più antica è l’anno 258. Prima di questa data non c’è alcuna commemorazione. Tusco et Basso coss. Cfr. Monumenta Germaniae Historica, Auct. ant., IX, p.71 per Depositio martyrum e H.Quentin - H. Delehaye, Martyrologium Hieronymianum, Bruxellis 1931, p. 343 98 Margherita Guarducci, La fondazione di Roma, Revista Tracce, Litterae Communionis, anno XXIII, luglio/agosto 1996, pp. 68-69.

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papa Felice IV (526-530), tempio di Anton e Fausta in chiesa San Lorenzo in Miranda, Il Pantheon in chiesa di Santa Maria e tutti martiri ( Papa Bonifacio nel 609),99 il tempio di Monte Sacro di Napole dedicato alla dea Cibelle, fu trasformato in Chiesa Santa Vergine.100 E tanti altri posti...

B. IL SEGGIO PONTIFICIO - CATTEDRA DI PIETRO

1. L’autenticità del Seggio pontificio Quando entri nella Chiesa di San Pietro in Vaticano senti l’immensità. Tutto è immenso: Sale,

spazi, statue, vetrate, colonne. Tutte creano un insieme imponente, unico per maestosità. Nel mezzo della chiesa, verso l’altare, si trova una scultura del tutto speciale. È la monumentale costruzione barocca di Gian Lorenzo Bernini, il Baldacchino di San Pietro. All’interno di quest’opera si trova racchiusa la Cattedra di Pietro,101che è nient’altro che la sedia sulla quale si suppone sia stato l’apostolo a Roma.

Questa reliquia è stata bramata da molti vescovati. Per molte centinaia di anni la chiesa di Antiochia ha avuto la pretesa di possedere il seggio Pontificio. I vescovi di Antiochia prendevano i loro nomi riguardo al vescovato di Pietro: “primo dopo Pietro, secondo…” e così via. Sempre in quel luogo esisteva anche una forte tradizione connessa all’operato dell’apostolo nel seno della comunità..

“Governò s. Pietro la chiesa d'Antiochia per sette anni continui, come Sommo Pontefice, senza lasciar di trascorrere le province del Ponto, della Galizia, Cappadocia, Bitinia, e d'altre parti dell' Asia. Veramente in quei primi tempi s. Pietro in nessun luogo fece una stabile residenza, perché il grado di capo della Chiesa lo chiamava da ogni parte…“Antiochia fu dunque la prima sede del principe degli Apostoli, dove dimostra la sede di Antiochia fondata da s. Pietro.”102 Anche in Italia ci sono due città che fanno riferimento alla “Cattedra del Santo Pietro”. Una è

Venezia, l’altra Napoli.103 Venezia è un caso unico. Una delle più note chiese della città è la Chiesa di San Pietro, costruita nel IX secolo. Nella chiesa si trova la Cattedra di marmo “carega de marmo,” decorata con motivi floreali stilizzati e versetti del Corano. Secondo la leggenda, sulla Cattedra fu seduto Pietro mentre si trovava in Oriente. Si racconta che fosse stata donata al Doge Pietro Tradonico dall'Imperatore d'Oriente Michele III. La sedia è formata da uno schienale, ricavato da un'antica stele funeraria islamica, ornata con motivi arabi e testi del Corano104. e non sembra ad condividere molto con la storia cristiana. Questa “carega” è sempre stata baciata dai devoti, specialmente durante la solennità, 99 M.Wallraff, Templi pagani e chiese cristiane. Continuita e discontunita ai tempi di Gregorio Magno e dei suoi succesori, in “Per longa maris intervalla”…Ati del Convegno Internazionale di studi , Cagliari 17-18 dicembre 2004, articol de Georgio Gracco. 100 Antonio Spineli... Suit hic olim Aetnicorum sanum Cible quam Deborum marem... Scipione Mazzella nella descrizione del Regnio di Napoli, p.104 Thomaso Costo Historia di Monte Vergine p. 9, Reverendo Padre D. Marco de Masellis, Procurtor generale in Napoli, Iconologia della Madre di Dio Maria Vergine , Qua fi regiona delle Sacre Imagini Mariali, e della Sagratissima Testa della Amdonna di Constantinopoli da S. Luca dipinta, traslata dalla Citta de sacro e Real Monastero di Monte Vergine nel Regno di Napoli. Monastero si Monte Vergine din Napoli, 7 settembre 1654, pag. VII. 101 κάθεδρα ( cathedra) in cathedra –significa “il luogo dove siede” 102 Annali politico-ecclesiastici all'anno 4o, n. 2°; De Patriarch. Antìoch., pubblicato in Anversa nel 725. V. Faviiii (de Roman. d. Peiri itinere exercit. 9) in Gaetano Moroni Romano, Dizionario di erudizione storico-eclesiastico... vol I, Venezia, p.170. 103 Di Giovanni Scherillo, Della venuta di San Pietro apostolo nella citta di Napoli, Stabilimento Tipografia di A. Festa, Napoli, 1859, p. 454 104 Guida turistica per Venezia – Venezia, Touring Club Italiano, 2002, p.182.

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quando veniva celebrata una grande festa con i Vespri solenni della sera. In tutta Venezia si accendevano fuochi e nella cattedrale, almeno fino alla prima guerra mondiale, erano aperte le urne di tutti i santi sugli altari, per la processione del pomeriggio. Più tardi, era celebrata la Messa a ricordo dei pescatori con il Patriarca e all’imbrunire era illuminata anche la cella del campanile. Oltre l’aspetto folcloristico, abbiamo la testimonianza evidente di un miscuglio tra cristianesimo e pagano. Ciò non disturba nessuno e la stele è mantenuta nella chiesa con onore.

Torniamo alla reliquia racchiusa in Vaticano. È considerata una testimonianza evidente dell’arrivo di Pietro a Roma. Viene subito in mente una domanda però: E’ veramente la Sedia sulla quale si è seduto Pietro? Si o no?

La risposta è semplice: No. Nel 1867, la Cattedra è stata messa in mostra ed analizzata. Molti specialisti l’hanno visionata

ed hanno negato la sua autenticità. Lo storico ed archeologo cattolico De Rossi105 ha pubblicato uno studio dettagliato della cattedra di Pietro, dimostrando che sia “irrazionale credere che su quel seggio ci sia stato Pietro; ci sono molti indizi che ci dimostrano che l’oggetto appartenga al Medio Evo.”106

Il teologo cattolico Marucchi conferma: “La storia della cattedra venerata in Vaticano è difficile da ricostruire, perché mancano le fonti107”. Messo alle corde, lui suggerisce che più di una cattedra fisica sia importante accettare l’idea di una Cattedra spirituale…

Questa nuova teologia (tra l’altro valida fino ad oggi) è discutibile: o esiste la prova che questa Cattedra, esposta e fatta vedere al mondo intero, è autentica, ossia è quella su cui si è seduto Pietro a Roma, o non lo è, e di conseguenza deve essere abbandonata. Non è onesto presentarla come una reliquia autentica per le masse inconsapevoli e come un simbolo per gli eruditi. Le mezze misure non dovrebbero essere adottate. La verità deve essere detta con chiarezza.

2. Come vengono “fabbricate” le reliquie Relativamente alla cattedra di Pietro va menzionato un altro fatto grave che è emerso durante le

varie analisi condotte su di essa. Uno dei primi che descrivono la reliquia fu Francesco Maria Febeo.108 Gli fu chiesto di fare una descrizione esatta, con bozze, mappe, prima che questo monumento venisse incastonato nella cassa di bronzo nel anno 1666. A quel tempo, la Cattedra era liberamente esposta. Lo studio fu pubblicato con molta foga, proprio con l’occasione della chiusura del seggio, ed è stato dedicato al papa Alessandro VII.109 Così come abbiamo menzionato, duecento anni più tardi, nel 1867, lo storico Giovanni Battista De Rossi la rivede e la descrive dettagliatamente.

Paragonando le due descrizioni, scopriamo con stupore che c’è una notevole differenza: La spalliera, vista di fronte, è composta da tre colonne. Fabeo dice che manca la colonna destra, mentre De

105 De Rossi G. è stato uno dei più seri archeologi romani. Grazie a lui l’archeologia è diventata una scienza. ha organizzato un museo nel Laterano. A redatto il Bollettino di Archeologia cristiana ed ha scritto molte opere specialistiche. Fabrice Marotti, La civiltà antica criestiana, Prietenii cărţii, Bucuresti, 1997, pp. 26-28. 106 De Rossi è riuscio ne 1867 a sconfiggere le difficoltà ed esaminare la Cattedra. La sua descrizione è molto dettagliata sulla struttura, le decorazioni e la forma. Lo stile è bizantino con intagliature d’oro. Di Giovanni Battista De Rossi , Bollettino d’archeologia cristiana, pp 36-37, Adolf Venturi, dice che ha un quadro fatto per Carlo Magno o un suo successore con questa cattedra. Adolf Venturi, Storia dell’Arte Italiana, Milano, 1901. 107 O. Marucchi, Le Memorie degli apostoli Pietro e Paolo in Roma, 2 ed. pp. 108-108. 108 Febeo Maria Francesco, De identitae in qua Sanctus Petrus Romae, primum sedit, Roma, 1666. 109 La sua chiusura è stata fata per ordine del papa Alessandro VII con grande sfarzo. Lo storico Falconeri de Silvestri aveva un parente, Ottavio Falconeri, il quale ha scritto un’ode per il papa in quell’occasione. Conf. Francesco de Silvestri Falconeri, op . cit. p. 119, n.s.

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Rossi dice che a mancare sia la sinistra.110 Questo elemento non è secondario e non può essere un errore di descrizione. Le colonne sono le strutture principali del Seggio. La sola spiegazione logica è che, nei duecento anni nei quali è stata chiusa, la Cattedra abbia subito delle “correzioni.”

3. Festa della cattedta

Il Depositio martyrum alla data di 22 febbraio contiene la seguente nota: “VIII Calendas Martias: Natale Petri de Cathedra” – “nell’ottavo giorno prima dei calende di marzo: anniversario della Cattedra di Pietro.”111

Sembra che a Roma in quel periodo, ci fosse una festa in onore dell’insediamento di Pietro sul trono episcopale. Sorge la stessa domanda: Perché il 22 febbraio? Come fu scelta proprio questa data? Non di poca importanza è la risposta del teologo G. Miegge112che ci fa presente che il 22 febbraio era la festività pagana della Carisitia o Cara Cognatio, nella quale i romani festeggiavano i loro morti. Che sia una semplice coincidenza o c’è di nuovo la prova di una festività fabbricata su un modello pagano? La conferma viene non dal meno celebre storico Lietzmann. Lui cita Fedor Schneider, il quale ha scoperto, nel 1920, che la festa dei morti si chiamasse, nel linguaggio popolare, Cathedra, per uso di sedersi a tavola al banchetto sacro che veniva preparato per i morti.113 Da qui lo storico conclude che la festa della Cattedra di Pietro non è nient’altro che il continuo adattamento della fede pagana alla religione cristiana.

La conclusione va da sé: Date, insegnamenti ed elementi pagani sono stati introdotti nel cuore del cristianesimo. Questi sono diventati elementi basilari nella teologia cristiana e nessuno oggi li mette più in discussione. Che siano queste le sole “invenzioni teologiche”? Sarebbe tropo semplice. Nel prossimo capitolo scopriremo cosa e successo e che cosa c’è dietro la “tomba di Pietro.”

CAPITOLO VIII

LA TOMBA DI PIETRO

A. SCOPERTA ARCHEOLOGICA

E' la fine di maggio del 1578. A quattro chilometri da Roma, vicino alla via Salaria, alcuni

lavoratori scavano nel terreno di una vigna per raccogliere della sabbia. All'improvviso la terra crolla sotto i loro piedi portando alla luce degli ambienti sotterranei. Era l’entrata di una catacomba. In quegli antichi cunicoli lo spettacolo che si offre ai loro occhi è un insieme di sarcofagi istoriati di iscrizioni e pitture. Nella stessa giornata, la notizia del ritrovamento di antiche tombe, fa il giro della città ma 110 Francesco di Silvestri Falconeri, L’Apostolo san Pietro e mai stato a Roma, La Speranza, Roma, 1925, p.119. Febeo Maria Francesco, De identitae in qua Sanctus Petrus Romae, primum sedit, Roma, 1666, pag. 71; Di Giovanni Battista de Rossi, Bulletino di arheologia cristiana, Tipografia Salviucci, Roma, 1867, p. 89. 111 Depositio martyrum în G. Miegge o. c. p. 41. 112 G. Miegge, o. c., p. 41. 113 Fedor Schneider, Uber Kalendae Januariae und Martiae im Mittelalter, 1920, p. 386, citato di Hans Lietzmann, Petrus und Paulus in Rom, liturgische und archaologische studien Bonn, Ed 2, 1915, pp.19-21.

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nessuno sa ancora di cosa si tratti. Il 10 dicembre 1593 Antonio Boso, un giovane avventuroso di soli diciotto anni, entra per fare le

prime esplorazioni sistematiche. L'intreccio di gallerie è talmente tortuoso che rischia di perdersi. In quell’occasione prende una decisione che cambierà e marchierà il destino e la storia dell’archeologia romana. Consacrerà la sua vita allo studio di questi cimiteri

1. Il divertimento archeologico di un ragazzino

“Quando ero un bambino, abitavo a Roma, dove andavo a scuola, ed avevo l’abitudine di correre la domenica, insieme ai miei compagni di classe, tra le tombe degli apostoli e dei martiri, scendendo spesse volte nei cunicoli sotterranei, profondi, dei cimiteri. Dentro trovavamo, su entrambi i lati, pareti piene di tombe e lì era talmente buio, che credevi che si compissero le parole del salmista: “scendere vivo nella terre delle ombre”. Quando qui è là penetrava della luce dall’alto, che diminuisce la paura del buio, avevi l’impressione che la luce non venisse da una finestra, ma da un buco…nel mezzo di quella nera notte, ti viene in mente il verso di Virgilio: “una fredda paura ti avvolge: anche il silenzio è terrificante.” Geremia. 114

2. Alla ricerca della tomba degli apostoli

Il giovane Antonio ha iniziato quelle ricerche che in seguito saranno continuate dall’archeologo Battista De Rossi. Viene scoperto l'antico cimitero di Callisto. Un altro mondo, sotterrano e ignoto, è emerso dando alla luce tombe sempre più importanti. Papi e vescovi giacciono sepolti da secoli. Una moltitudine d’iscrizioni incise o segnate di rosso con un pennello indica l'identità dei defunti, a volte la loro età, la professione, la data della morte…Compaiono anche disegni simbolici: lettere greche, come alfa, omega e tau, ancore, colombe, l’agnello, il pesce,115 il pastore, il pescatore e , in modo sorprendete, invocazioni all’indirizzo di Pietro e Paolo. In modo evidente, questi uomini erano cristiani.

Sorge allora una domanda: Che ci sia qui anche la tomba degli apostoli?

3. Il mercato di reliquie nel Medio Evo.

Le catacombe non furono solo luogo di tumulazione ma crocevia e commistione di cristianesimo

primitivo e usi pagani come il culto dei morti, caratterizzato dal rifrigerium, pasto servito sulla tomba del defunto in una continuazione simbolica del suo legame con l'al di qua. Insieme alla conversione di Costantino, masse di persone sono entrate nella Chiesa. Anche gli eserciti hanno adottato la “moda” di essere battezzati dal vescovo. Questo fatto, apparentemente positivo, ha portato alla distruzione del cristianesimo delle origini gradualmente sostituito da una sorta di superstizione pagana che avrà come sua più alta espressione il culto delle con il Sinodo di Elvira,116 abbia vietato l’uso delle immagini, il loro culto si sviluppa gradualmente in parallelo con l’adorazione delle icone e della croce. A partire dai

114 Citazione dai Ricordi di S. Geremia in Fabrice Marotti, Civilizaţia creştină străveche, Prietenii cărţii, Bucuresti, 1997, pp. 33-34. 115 Nella lingua greca –ICHTYS- acronimo di “Gesù Cristo, Figlio di Dio, il Salvatore”. 116 Concilio di Elvira, 306, decreta: „Che non si vedano icone sulle mura delle chiese”- Eusebiu Popovici, Istoria Bisericiească Universală, Mănăstirea Cernica, vol.II, 1926, p. 222. Concilio di Hierea, 754 a condannato il culto delle icono, „la fabbricazione, il possesso e la loro venerazione”- Stelian Brezeanu, O istorie a Imperiului Bizantin, Bucureşti, 1981, p.63. Lo storico Mircea Eliade afferma: „seguendo il divieto del Decalogo, i cristiani dei primi due secoli non si sono costruiti immagini ”- M.Eliade, Storia delle fedi e delle idee religiose, Ed. Ştiinţifică, Bucureşti,1991, p.62. Andre Grabar, Iconoclasmul bizantin, Ed. Meridiane, Bucureşti, 1991, p. 339.

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secoli IV e V si introduce il loro “uso didattico” in concomitanza con la nascita del culto dei martiri fino ad arrivare, nell' “epoca plumbea” del papato, a costituire la principale fonte di arricchimento. Intorno agli anni 750, lunghe fila di carrozze arrivavano continuamente a Roma, portando immense quantità di crani e scheletri ordinati, etichettati e venduti ai papi.117

“Un vero delirio ha avvolto le comunità cristiane e anche gli individui che cercavano di ottenere, per le loro preghiere, qualche talismano prezioso. Le città che non avevano i propri martiri li cercavano in altre parti; ci sono stati molti scambi di reliquie tra una provincia all’altra o tra una città e l’altra…Le reliquie ignote o scomparse arrivavano nelle mani dei fedeli come conseguenza di un sogno o di una rivelazione.118 Nel Medioevo, la situazione degenera fino all' incredibile. Le tombe vengono saccheggiate

durante la notte e si impone, come misura cautelare, che quelle delle chiese siano costantemente sorvegliate. “Roma”, dice Gregorovius, “era un cimitero in lenta decomposizione, nel quale le iene urlavano e lottavano, mentre scavavano con avarizia, cercando cadaveri”. Ogni chiesa deve avere delle reliquie alle proprie basi, pena l'impossibilità ad essere consacrata. Nella chiesa di Wittenberg, rinomata per l’affissione delle tesi di Lutero, si trovavano 19.000 reliquie. 119 Ma questo commercio si spinge ben oltre, differenziando la sua offerta con grande successo. Vengono venduti milioni di esemplari della croce, così tanti che Clavino scrive: “se raccogliessimo tutti i pezzi della croce, ci riempiremo una nave,”120 corone di spine del Salvatore, chiodi usati per la crocifissione, il pesce fritto che Pietro ha ricevuto da Gesù, l’altare sul quale è stato poggiato Gesù per la circoncisione, la pelle del prepuzio (oggetto di disputa tra le chiese di Coulombs, Francia, San Giuseppe di Roma e Puy di Velay)

121 ed un’altra moltitudine di "macabri trofei."122

Possedere un elevato numero di reliquie diviene fonte di prestigio e motivo di rivalità tra principi e chiese. Si stima che Federico re di Sassonia orgogliosamente possedesse una collezione di 5000 reliquie pari a 127 799 anni d’indulgenze. Da parte sua, Alberto di Brandeburgo ne contava ben 8 933 pari ad un indulgenza di milioni di anni. Non è da meno re Luigi di Francia che, nel 1238 conclude un affare a dir poco strepitoso, acquistando da Baldovino la "Corona con le spine di Gesù" per l'enorme cifra di 500.000 lire.

Chiaramente la possibilità di un elevato guadagno fa sì che, oltre i commercianti occasionali o i ladri di reliquie, nascono un pò ovunque veri professionisti. Tra i più famosi Deusdona, il responsabile dei cimiteri nel settore tre di Roma e grande conoscitore delle catacombe romane, ormai abbandonate da secoli ed esposte all'incuria del tempo. Deusdona, con grande fiuto per gli affari, capisce come si possano trasformare quei cimiteri votivi in una vera e propria miniera d' oro. Insieme ai fratelli Lunisio (incaricato di reperire ossa nell'italia meridionale) e Teodoro (preposto alle spedizioni) mette in piedi una moderna organizzazione nei pressi della sua dimora vicino alla ghiaia nella Basilica in Vincoli e, 117 Cotterill, Medieval Italy, p.71, in Ralph Edward Woodrow, Religione segreta di Babilonia, Agape,1996, p. 63. 118 Fabrice Marotti, Civilizaţia creştină străveche, Prietenii cărţii, Bucuresti, 1997, pp. 238-239. 119 Durant, The Story of Civilization, The Reformation, p. 339. 120 Ralph Edward Woodrow, op. cit. p. 62. 121 Wilder, The Oder Side of Rome, p. 54, in Ralph Edward Woodrow, o. c., p. 62. 122 Tra di essi c’è anche la celebre Casa Santa di Loreto – l a casa della Madre di Gesù. Secondo la leggenda, è stata portata dagli angeli e posizionata a Loreto, Italia. L’Enciclopedia Cattolica conferma questo fatto. Fino ad oggi i fedeli cattolici credono che questa sia stata la casa di Maria. In seguito verrà confermato che questa sia solo una favola. Due storici, Leopold De Feis e Ulisse Chevalier apportano questi argomenti. Leopold De Feis, La S. Casa di Nazareth ed il santuario di Loreto, Firenze, 1905 e Ulisse Chevalier, Notre Dame de Lorette, Etude historique sur l’authenticite de la Santa Casa, Paris, 1906. Ultimamente si afferma che questo edificio sia stato portato dai crociati nel XIII secolo e ricostruito a Loreto.

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con il pretesto di prendersi cura delle ossa dei santi, le “identifica”, le cataloga e in fine le vende in Germania, Francia e nel resto d' Europa. Si attribuisce a lui la compravendita dei corpi di San Pietro e San Marcellino per Eginardo. Per avere le reliquie ogni mezzo era lecito e spesso si ricorreva alla complicità di sacerdoti senza scrupoli che per denaro erano disposti anche rubare dalle chiese.

Si narra che "...nel 881 il vescovo di Langres, Gilone, si recò in pellegrinaggio a Campostela. Al suo ritorno, attraversando l’Aquitania distrutta dalle guerre fratricide dei due figli di Luigi il Pio e dalle invasioni normanne, danesi e britannica, si fermò col suo seguito a dormire in un villaggio semideserto dove sorgeva la Chiesa di San Prudenzio. Messo a conoscenza dal padrone di casa delle virtù del santo martire, si recò col cappellano a cantar lode in chiesa, ma grande fù il suo stupore quando vide in quali condizioni versassero i resti del santo e la chiesa e lo stesso reliquiario. Allora, il Vescovo, esortato dal cappellano prese con sé il santo di Langres portando la reliquia in Borgogna dove venne accolta con grande gioia.”123

Sappiamo che per tanto tempo Napoli ha avuto un ruolo importante nella storia di Italia. Intorno al 1600 Reverendo Padre Marco Masellis D.,Procuratore generale di Napoli della Chiesa Madre di Dio, Vergine Maria, fa una descrizione dettagliata dei corpi dei santi e delle reliquie che erano in quel tempo nel monastero. Insieme alla colezione di reliquie sta in grande onore anche le reliquie dei “San Pietro Apostolo” Ecco il testo:

"Un pezzo di santa croce, il Pane sacro della Santa Cena di Nostro Signore, un pezzo di colonna in cui fu flagellato Gesù, un pezzo di pietra dal Tempio, due Ampolline (vasi) di latte di Santa Maria Vergine, un pezzo di abbigliamento cucito con la sacra immagine della Madonna, una reliquia di Giovanni Battista, un vaso con il sangue di Giovanni Battista, le reliquie di Santi Apostoli San Paolo, San Andrea, San Bartolomeo, San Tommaso, San Giacomo e San Pietro Apostolo.”124

B. RELIQUIE DELL’APOSTOLO PIETRO

Archeologo Giovanni Battista De Rossi sapeva di sicuro di questa tradizione, pero le sue ricerche furono iniziate a Roma e non a Napoli. Non trovo nulla che potesse confermare le reliquie di Pietro. La loro assenza spinse le masse popolare e non soltanto, a rivalutare la posizione in rapporto con altre oggetti collegati alla storia del Apostolo di Galilea . E', infatti, bastato poco tempo perché si considerassero autentiche e divenissero luogo di pellegrinaggio e adorazione. Di seguito l'elenco delle reliquie ritenute più importanti:

1. Il carcere Mamertino, con il luogo dove l’apostolo ha sbattuto la testa, la catena e la colonna.

2. L’impronta di Pietro conservata su un blocco di marmo bianco nella chiesa “Domine, quo vadis?” sulla Via Appia.

3. Le catene con le quali è stato legato Pietro nella Chiesa di San Pietro nei Vincoli

123 Tibaldon din Beze,Translatio Sancti Prudentii, in Patrick J. Geary, Furta Sacra, La trafugazione delle reliquie nel Medioevo, Vita e Pensiero, Milano, 2000, p. 3. 124 Reverendo Padre D. Marco de Masellis, Procurator generale in Napoli, Iconologia della Madre di Dio Maria Vergine , Qua fi regiona delle Sacre Imagini Mariali, e della Sagratissima Testa della Amdonna di Constantinopoli da S. Luca dipinta, traslata dalla Citta de sacro e Real Monastero di Monte Vergine nel Regno di Napoli. Monastero si Monte Vergine din Napoli, 7 settembre 1654, pp. 257-261.

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4. Una buca nella quale è stata conficcata la croce sulla quale è morto l’apostolo, nella Chiesa di San Pietro in Montorio.

5. La cattedra di Pietro. 6. La tomba di Pietro in Vaticano.

Analizziamo brevemente queste reliquie.

1. Il carcere Mamertino

Il carcere porta il nome di due guardiani, Processo e Martiniano i quali, rapiti dai miracoli fatti dagli apostoli chiesero di essere battezzati. Poichè non vi era acqua disponibile, Pietro facendo il segno della croce la fece sgorgare dalla roccia. In onore di questo “miracolo” menzionato nel VIII secolo venne costruito un santuario in loro memoria – fons Sancti Petri ubi est carcer eius. Altra tradizione vuole che, nell'abbandonare il carcere e salendo le scale, Pietro battè la testa contro il muro lasciando la traccia che ancora oggi viene mostrata ai turisti. L' Enciclopedia cattolica è molto prudente:

“Questa sembra però essere una leggenda infondata perché il carcere Mamertino era destinata ai prigionieri che si dovevano custodire con attenzione (basti pensare a Giugurta e Vercingetorige) e non di certo a un uomo come l'apostolo, uno dei tanti immigrati nella capitale dell'Impero, a meno che Nerone non lo ritenesse talmente pericoloso da scatenare una rivolta fra i cristiani. Benché non esistano prove certe della permanenza dei due nel carcere, la tradizione è comunque molto antica e la trasformazione del carcere in chiesa si fa risalire al IV secolo per volere di papa Silvestro I” 125

Evidentemente, il tutto è una leggenda. Il nome del carcere e la storia del battesimo non hanno

niente a che fare con i cristiani. Quel carcere veniva riservato ai dignitari accusati del crimine di lesa maestà, non aveva delle scale visto che i prigionieri venivano fatti scendere con una fune, essendo la catena e la colonna aggiunte in seguito. La fonte d’acqua è sempre esistita ed il nome originale era Tulliano, da Sergio Tullio, e non Mamertino. 126 Nello stesso tempo fu eretto nel “circolo di Flaminio una seconda carcere che da molti è stata creduto l’antichissimo carcere Tulliano.”127 Vari documenti conferma questa secondo carcere.

2. L’impronta di Gesù nella cappella Quo Vadis?

Lungo la Via Appia, nei pressi delle catacombe di San Callisto, si trova la piccola chiesa del "Domine quo vadis", visitata nel 1983 da Giovanni Paolo II, e da lui definita luogo di "speciale importanza nella storia di Roma e nella storia della Chiesa,"128 poiché sorta a testimoniare un evento ritenuto miracoloso avvenuto durante la fuga di Pietro da Roma al tempo delle persecuzioni. La leggenda narra che il santo vide Gesù andare verso la città gli chiese: Domine, quo vadis? Gesù gli rispose: "Vado a Roma per farmi crocifiggere un'altra volta,” Venio Romam iterum 125 Cathopedia, Enciclopedia Cattolica, San Pietro, Pietro a Roma, it.chatopedia.org. 126 Francesco Cancellieri , Notizie del carcere Tulliano detto poi Mamertino , Giovanni Ferretti, Roma; A. Ferrua, Sulle orme di Pietro , in «Civ. Cattolica» 1943, 3, p. 43; P. Franchi de' Cavalieri , Della Custodia Mamertini , in «Note Agiografiche», fasc. 9, 1953, pp. 5-52. 127 Martin Polonus in I.I. de IV. Regn.major.cap.VII.Fl.Blonus in I.III. Rom. Restaur. Francesco Maria Torrigio, Il sacro coro degli Emi Cardinali della ven. e antica diaconis di S. Nicola in carecere Tulliano, Roma 1655,12, in Francesco Cancellieri , Notizie del carcere Tulliano detto poi Mamertino, p.8 128 Claudio Damioli, Pietro a Roma tratto da Il Timone, anno 2 (2000) marzo/aprile, n. 6, p. 20-21

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crocifigi.129 A testimonianza della Sua presenza, Gesù lascia la traccia della sua impronta del piede su un blocco di marmo. L’impronta è stata trasferita nell’anno 1620 nella Chiesa di San Sebastiano, dove si trova ancor oggi.

Alcuni prelati, come Bonaventura Mariani o Pier Francesco Foggini130hanno difeso questa storia come vera, pur essendo evidente il suo carattere leggendario. L’archivio Storico – Archivio della R. Deputazione romana di storia patria – afferma categoricamente:

“…è inutile parlare, noi non ci occupiamo di questo tipo di leggende…non conosciamo il luogo “Quo vada” e neanche la pietra con le “impronte del Signore”. Non esiste alcun documento.” 131

Stessa opinione ha anche l’Enciclopedia cattolica Cathopedia:

“Benché non vi sia nulla di improbabile nel pensare che l'apostolo avesse deciso di fuggire via da Roma prima del martirio, è senza dubbio frutto di tradizione leggendaria”132 Studi recenti confermano che questa impronta, inizialmente custodita in un santuario pagano, sia

da attribuire ad un pellegrino e rappresenti la strada che egli aveva percorso fino a lì. Essa è un segno della presenza degli dei egizi sul territorio romano. 133

3. Le catene di Pietro in San Pietro in Vincoli

Nella zona delle terme di Tito e di Traiano sorge ancor oggi l'antica chiesa di San Pietro in Vincoli dedicata ai santi Pietro e Paolo. Attestata al tempo di papa Sisto III (432-440) e da questi fatta ricostruire, costituisce lo scenario nel quale furono presentate le catene con le quali Pietro sarebbe stato legato, definite le “catene di ferro più preziose dell’oro.” 134

Testimone del loro valore, il commercio che se ne fece per secoli pur senza intaccarne l'integrità, fatto questo, considerato miracoloso. Un altro miracolo che vede protagoniste queste catene è la saldatura spontanea avvenuta con quelle di Paolo. Nessun storico prende in considerazione la veridicità di tale avvenimento.135 Il teologo cattolico Marucchi scrive:

“E’ noto a tutti che non tutte le cose connesse all’arrivo dell’apostolo nella nostra città possono essere confermate da critici come autentiche, ma tra tutte queste, la più certa è la tomba del Vaticano.”136

129 “Ma mentre attraversava la porta, vide il Signore che entrava in Roma e gli disse: "Signore, dove (vai) così?". Il Signore gli rispose: "Entro in Roma per esservi crocifisso". E Pietro a lui: "Signore, per essere nuovamente crocifisso?". Rispose: "Sì, Pietro, sarò nuovamente crocifisso". Pietro, entrato in se stesso, vide il Signore salire in cielo e se ne ritornò a Roma allegro e glorificando il Signore poiché egli stesso aveva detto: "Sarò crocifisso". Atti di Pietro, XXXV,2 e anche Atti di Paolo in Johannem 20, 12 PG 14, 600); Ambrogio, Contra Auxentium, 13 PL 16, 1053; M. Guarducci, Le imponte del Quo Vadis e monumenti affini, figurati ed epigrafici (Rendiconti Pont. Accad. Rom. di Archeol. XIX, 1942-1943, 305 -344); Itinerario ovvero descrizione dei monumenti della Via Appia, Tipografia de Fratgelli Pallotta, Roma, 1835, p. 41. 130 Pier Francesco Foggini, De Rom. D. Petri itinere, p.104; B. Mariani, Il «Quo vadis» e S. Pietro , în «L'Osservatore Romano» 4 luglio 1963, p. 7. 131 Archivio della R. Deputazione romana di storia patria, Di Deputazione romana di storia patria, 1937, pp. 28, 88. Carlo Cecchelli. 132 Cathopedia, Enciclopedia Cattolica, San Pietro, Pietro a Roma, it.chatopedia.org. 133 È stato confermato il fatto che gli dei egizi siano stati portati a Roma e che venissero apportate tali offerte. Michel Malaise, Les conditione de pénétration et de diffusion des cultes égyptiens en Italie, p.106. 134 Inclusas olim servant haec tecta catenas vincla sacrata Petri Ferrum pretiosius aure - in G. B. De Rossi, Inscr. Christi 1, p. 110, n. 66; p. 134 nn. 1 e 2. 135 H. Grisar, Dell'insigne tradizione romana intorno alle catene di S. Pietro nella Basilica Eudossiana , în «Civiltà Cattolica» 1893, III, pp. 205-221; J.P. Hirsch , Die römischen Titelkirchen in Altertum , Paderborn, 1918, pp. 45-52. 136 Marucchi, Roma sotteranea cristiana, Ed, 1909, p. 10.

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C. LA TOMBA DI PIETRO

1. La tomba in Vaticano

Intorno al 200 un anziano romano di nome Gaio, preso da una discussione con Proclo, un adepto dell’eresia montanista, mentre argomentava a favore dell’apostolicità della chiesa di Roma, dice:

“Ebbene, io posso mostrarti i trofei degli Apostoli. Se infatti vorrai recarti al Vaticano o sulla via di Ostia troverai i trofei (tropaia) di coloro che hanno fondato questa Chiesa.”137

Ma cosa voleva dire Gaio con la parola trofei? O riferimento ai corpi deceduti dei apostoli però

il significato greco è diverso: tròpaion (trofeo) – significa segno di vittoria innalzato sul nemico in fuga (dal greco, tropé). Cullmann crede che Gaio avesse simbolicamente usato quel termine nel senso di monumento onorario, commemorante la vittoria (spirituale) conseguita dai due Apostoli con il loro martirio

Tutto è iniziato per caso. Era il 10 febbraio 1939, quando papa Pio XI è morto. Egli aveva chiesto, nel suo testamento, di essere sepolto vicino a Pio X, nelle Grotte Vaticane, il più vicino al così detto “Confessionale” di Pietro. Il futuro papa, Pio XII, allora cardinale Pacelli, era il camerlengo, ossia colui che si occupava del funerale del dipartito. Mentre faceva i preparativi per la sepoltura, ha scoperto che il luogo previsto per il monumento funebre era insufficiente, così ha deciso di scendere in profondità. In seguito agli scavi, hanno scoperto una stanza sconosciuta. Non sarà stata quella la tomba di Pietro? Qualche giorno dopo i funerali, egli divenne papa. Affascinato dalla possibilità di scoprire la tomba tanto ricercata, ha deciso di iniziare le ricerche.

Anche se l’affermazione appartiene a Gaio, è attraverso Eusebio, a quanto riferito dal Buonaiuti, sarebbe criticata, messa in dubbio e resta ancora oggi insospettabili.138 Altri autori ecclesiastici hanno subito l' influenza del vescovo di Cesarea, secono cui Pietro sarebbe morto e stato sepolto sul colle Vaticano. Girolamo, nella sua opera precedentemente citata139 e nell’apocrifo Atti di Pietro e Paolo, riferisce come il santo sia stato invece sepolto sotto un terebinto in Naumachia in Vaticano,140 mentre il Liber Pontificalis afferma che la tomba si trova nel palazzo di Nerone,141 dove Anacleto avrebbe innalzato un monumento in onore di Pietro.

Ma cosa voleva dire Gaio con la parola trofei? Faceva riferimento ai corpi deceduti degli apostoli? Pero il significato greco della parola rimanda a tròpaion (trofeo), letteralmente segno di vittoria innalzato sul nemico in fuga ( dal greco, tropé), e non si riferisce ai corpi deceduti. Cullmann crede che Gaio avesse simbolicamente usato quel termine nel senso di monumento onorario, commemorante la vittoria (spirituale) conseguita dai due Apostoli con il loro martirio. Chi potrebbe 137 Eusebio di Cesarea, Historia Ecclesiastica, in “Patrologia greca” del Migne, voi. XX, col. 208. Si erge una domanda logica: Cosa sono questi “trofei”? Monumenti? Tombe? Iscrizioni commemorative? Chiese? Nessuno lo sa. Il contesto del dibattito esclude la possibilità che siano reliquie – va contro la tradizione che sostiene che gli apostoli siano stati sepolti separatamente. 138 “Le scritti storici di Eusebio Vescovo di Cesarea, la cui documentazione e le fonti, dopo essere state ripetute volte sottoposte a sottile e spietata critica, appaiono oggi, di nuovo, insospettabili.” Ernesto Buonaiuti, o. c. p.143.” 139 Sepultus est Romae in Vaticano juxta viam triumphalem, Girolamo , De viris illustribus 1, PL 23, 639 140 Acta Petri et Pauli 84, ed. Lipsius, p. 216; cfr p. 172 ; Martyrium Petri della Pseudo-Lino: «ad locum qui vocatur Naumachiae, iuxta obeliscum Neronis, in montem» în Lipsius, Acta Apostolorum Apocrypha, Lipsia 1891, vol. I, pp. 11. 141 “...ubi cricifixus est, juxta palatium Neronianum in Vaticanum, juxta territorium Triumphalem, via Aurelia, III kal juli, în Liber Pontificalis, Duchesne, p. 120.

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sapere il senso preciso?

2. I primi scavi Per centinaia di anni, la Chiesa Cattolica afferma che la tomba dell’apostolo di Galilea sia in

Vaticano, tanto che Marucchi nel 1870 afferma che sia una “prova indiscutibile e fuori dalla portata di ogni attacco.” La sua affermazione è però, priva di dimostrazione e la provocazione troppo grande, tanto da indurre nel 1925, prima del pontificato di Pio XII, una commissione di archeologi accreditati dal papa a presentare al mondo gli argomenti tanto ricercati. Il giornale italiano La Stampa del 23 novembre 1928 riporta dettagliatamente l’evento:

“L’equipe di archeologi ha iniziato i lavori nel Confessionale di S. Pietro, nel luogo dove, secondo tradizione, era sepolto il leader degli apostoli. I primi risultati sono stati incoraggianti: frammenti di iscrizioni, lampade, medaglie dei pellegrini, un importante materiale archeologico che dava la speranza per altre importanti scoperte. Ad un tratto è arrivato un ordine dall’alto ed ha vietato qualsiasi altro lavoro. Gli scavi iniziati sono stati interrotti, il materiale trovato rimesso a posto e il tutto è stato richiuso. Nessuno ne ha più parlato. Nel circolo del Vaticano si è spiegato che non doveva essere profanata la tomba dove dorme da duemila anni l’apostolo. Gli avversari hanno detto che il papa non ha voluto andare fino in fondo per non essere costretto ad ammettere che non esiste alcuna tomba e porre così fine alla tradizione sulla quale viene poggiata la storia della Chiesa. Il Barone Rodolfo Kanzler, il quale era uno dei principali promotori degli scavi, si lamentava un giorno con un alto prelato francese – membro dell’istituto – a riguardo al divieto imposto ai lavori e quest’ultimo gli ha risposto: “Cosa possiamo farci?! Sua Santità temeva che sarebbe terminata la sovranità dei pontefici romani.” 142

3. Cercando tra le tombe

Nonostante il rischio al quale si sottoponeva, il papa Pio XII ha deciso di riprendere i lavori. Gli

scavi hanno incontrato varie difficoltà ed i tempi si sono allungati. Il 23 novembre 1950, il papa ha annunciato ufficialmente il ritrovamento della Chiesa di Costantino e la tomba del primo tra gli apostoli. La pubblicazione ufficiale è apparsa un anno dopo, nel 1951.

Gli scavi hanno confermato che sotto il Vaticano vi era una vecchia chiesa, costruita da Costantino. Si è svolta un’opera molto vasta, poiché nella stessa zona si trovava un cimitero pagano. Questo cimitero si trovava adiacente al circo romano.143 Come era da aspettarsi, gli archeologi hanno trovato, sotto la chiesa, il cimitero sul quale aveva edificato l’imperatore. In questo cimitero hanno trovato un piccolo luogo di sepoltura, composto da due spazi sovrapposti. Questi erano sostenuti da due colonne di marmo. Il luogo sembrava essere stato creato nel II secolo, poiché il sistema di drenaggio dell’acqua conteneva quattro mattoni con l’iscrizione di Aurelli Caesaris et Faustinae Augustae (121-180). Tutto intorno vi erano altre tombe.

La tomba principale era vuota e distrutta quasi nella totalità. Era forse questa la tomba di Pietro? Se sì, perché risale al II secolo? Dove si trovavano le sue ossa? Perché tutte le tombe circostanti erano di origine pagana? Niente era cristiano. Perché così tanti mausolei pagani? La delusione era

142 Articolo, La Stampa del 23 novembre 1928, in Enrico Meynier, Storia dei papi, Tipografia Alpina, Torre Pellice, 1932, p. 14. 143 Tacito , Annali, 14, 4 ; Historia Augusti, Heliogabulus 23 ; Plinio , Historia Naturale, 36, 11, 74 în M. Guarducci , Documenti del secolo I nella necropoli Vaticana , Rendiconti della Pontificia Accademia di Archeologia, Roma 1957.

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grande. I lavori sono proseguiti per più di 10 anni, tra il 1940 ed il 1951 guidati dai prelati Antonio

Ferrua, Engelbert Kirschbaum, Enrico Josi e Bruno Maria Apollonj Ghetti.144 Secondo la loro ipotesi le ossa dell’apostolo erano sepolte separatamente, sotto un certo “muro rosso”, chiamato così per via dei suoi colori. Questo muro continuava con una piccola porzione denominata anche “muro g”. Hanno fatto scavi presumendo che qualcuno abbia preso le ossa dalla tomba e le abbia nascoste lì. Vi trovarono però una cassetta vuota e qualche osso insignificante. Tutto intorno vi erano le ossa di più persone, ma tra queste c’erano anche ossa di animali.145 Allo stesso modo hanno trovato anche un’iscrizione: “Petrus, Roga T Xs HT pro sanctis ho minibus chrestianis ad corpus tuum sepultis.” 146

Nell’anno 1952, la professoressa Guarducci,147 esperta in epigrafia greca antica all’università di Roma, è stata designata a continuare i lavori e, in modo speciale, a decifrare l’iscrizione. Dopo che l’ha analizzata per molto tempo, la professoressa è arrivata alla conclusione che fosse un’invocazione per i morti. La traduzione, evidentemente cristianizzata – non dimenticatevi che ci troviamo in un cimitero pagano; “ Pietro, prega (T) Cristo (X o Ht) per i santi cristiani morti vicino a te.” La professoressa sostiene che la T sia il simbolo della croce, mentre Xs il simbolo per Cristo.148

Continuando le ricerche, la professoressa ha trovato su quel muro un’insegna di marmo che copriva una nicchia. Su di essa vi era scritto “PETROS EN I.” Lei ha tradotto questo testo: “Pietro (è) qui!” la traduzione è di nuovo arbitraria, poiché unisce le ultime due lettere. Il gesuita E. Kirschbaum, archeologo all’Università Gregoriana ed uno dei direttori degli scavi, si è opposto ad una tale interpretazione. 149 Neanche Carcopino è stato d’accordo. Egli ha tradotto il testo in modo diverso: “Petr(os) End(ei)” ossia “Pietro manca.”150

Nonostante le insistenze, la signora Guarducci non ha trovato niente. A questo punto sorsero legittime molte domande: Perché infatti le ossa di San Pietro non furono ritrovate? Quale sarebbe il ruolo del muro ''G"? Dopo altri mesi di ricerche e angosce, tutto ad un tratto, uno dei lavoratori che avevano collaborato con il monsignor Ludowig Kaas (morto nel frattempo) si è ricordato “per caso” che il suo superiore, anni prima, aveva una cassetta alla quale non aveva dato importanza. Una sera di dieci anni prima, nel 1941, il mons Kaas, che era il sovrintendente agli scavi fece, a Basilica chiusa, un giro di ispezione nella zona degli scavi, accompagnato dal "sampietrino" Giovanni Segoni. 151 Il mons. Kaas notò che all'interno del Loculo del muro "G'", in mezzo a vari detriti ivi caduti dalle pareti in seguito alle forti scosse causate dagli scavi, affioravano alcune ossa umane.

La Signora Guarducci dice:

“La presenza di queste ossa era sfuggita ai quattro archeologi che vi lavoravano durante il giorno… Ma l'occhio più attento di mons. Kaas o forse quello del "sampietrino"

144 B.M. Apollonj Ghetti, A. Ferrua, E. Josi, E. Kirschbaum: Esplorazioni Sotto La Confessione Di San Pietro In Vaticano Eseguite Negli Anni 1940-1949 due voll., Tipografia Poliglotta Vaticana, Città dl Vaticano, 1951. 145 Salvoni, Da Pietro al Papato, citat, p. 204. 146 M. Guarducci , Cristo e s. Pietro in un documento precostantiniano della Necropoli Vaticana , Roma 1953, pp. 14 -22. 147 La Professoressa Guarducci è stata la voce più insistente nella “scoperta” della tomba di Pietro. Ecco una serie di lavori pubblicati da lei su questo tema: di M. Guarducci, Pietro ritrovato. Il martirio, la tomba, le reliquie, Verona, Mondadori, 1969; Pietro in Vaticano, Roma, Libreria dello Stato, 1983; La tomba di San Pietro. Una straordinaria vicenda, Milano, Rusconi, 1989; Le chiavi sulla Pietra. Studi, ricordi e documenti inediti intorno alla tomba di Pietro in Vaticano, Casale Monferrato (AL), Piemme, 1995. 148 Si sa che il simbolo per Cristo sia XP e non X o Xs – la traduzione è evidentemente forzata. 149 E.Kirschbaum, Die Graber der Apostelfursten, Francoforte,1974 cit. de C. Papini, Pietro a Roma?, Claudiana, Torino, 2006 p.144; H. Fuhrmann, Storia dei Papi, Roma-Bari, Laterza,1992, p.24. 150 Carcopino, De Pythagore aux Apôtres , p. 284 citat de F.Salvoni, în op. cit., p. 205. 151 "sampietrini" sono gli operai addetti alla manutenzione della Basilica di San Pietro.

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Segoni notarono le ossa; e fu un innato senso di pietà verso i trapassati che Mons Kaas decise di separare subito le ossa dai detriti e di farle mettere dal Segoni in una cassetta di legno che lo stesso Segoni e Mons. Kaas depositarono in un magazzino nelle grotte vaticane.” 152

E continua…

“Mentre mi scervellavo per trovare una via dentro quella selva selvaggia [dei graffiti], mi venne in mente che forse mi sarebbe stato utile sapere se qualche altra cosa fosse stata trovata nel sottostante Loculo, oltre i piccoli resti descritti dagli scavatori nella relazione ufficiale Era, per caso, vicino a me Giovanni Segoni, da poco promosso al grado di "capoccia" [capo] dei sampietrini. A lui, che sapevo aver preso viva parte agli scavi, rivolsi dunque la mia domanda, ed egli mi rispose senza esitare: Si, qualche altra cosa ci deve essere, perché ricordo di averla raccolta io con le mie mani. Andiamo a vedere se la troviamo". Egli mi guidò allora verso il deposito dei materiali ossei, davanti alla cappella di San Colombano. Entrai dunque dietro il Segoni, per la prima volta, in quell'ambiente. Lì, fra casse e canestri pieni di materiali ossei e di altre cose varie, giaceva ancora al suolo la cassetta che più di dieci anni prima il Segoni stesso e mons. Kaas vi avevano deposta... Un biglietto, infilato tra la cassetta e il coperchio, molto umido ma ancora perfettamente leggibile, dichiarava che quel materiale proveniva dal muro "G". II Segoni mi disse di averlo scritto egli stesso sotto dettatura di mons. Kaas, ciò che, del resto, era prassi usuale. Credetti opportuno e doveroso portare subito la cassetta nello studio dell'Ing. Vacchini [direttore dell'Ufficio tecnico della Fabbrica di San Pietro] e qui davanti alla finestra, la cassetta fu aperta e ne estraemmo il contenuto. Vi trovammo una certa quantità di ossa, di colore spiccatamente chiaro, frammiste a terra, un paio di scaglie di marmo, frammenti di malta, d'intonaco rosso, piccolissimi frammenti di stoffa rossastra intessuta di fili d'oro, e una moneta medioevale d'argento, che poi risultò battuta a Lucca nell'XI secolo… “153

Nel 1953, la Guarducci entrò in possesso della cassetta scoprendo delle ossa umane. Queste sono

state sottoposte ad analisi e si è arrivati alla conclusione che appartenessero ad un uomo tra i 60-70 anni, di struttura robusta.154 Oltre alle ossa sono stati trovati dei frammenti di marmo, pezzi di vernice dal muro, monete e filo di porpora. Lo storico Redina dice che “vi fossero anche ossa di animali, frammenti di tessuti, terra, porpora e monete medievali.”155 Senza alcuna esitazione, la professoressa ha deciso che le ossa appartenessero all’apostolo Pietro.

Questa conclusione non è stata condivisa da tutti i partecipanti agli scavi. Nonostante questo fatto, papa Pio XII ha annunciato, nel suo messaggio di Natale, che era stata scoperta la tomba del principe degli apostoli. A rafforzare questa tesi papa Paolo VI, il 26 giugno 1968, annunciò ufficialmente: “sono

152 M.Guarducci, La Tomba di San Pietro, Editrice Rusconi di Milano, 1989 . 153 M. Guarducci, La Tomba di San Pietro, Editrice Rusconi di Milano, 1989 . 154 I docenti che hanno condotto le analisi sono stati: Venerando Correnti (antropologo Università di Palermo), Luigi Gardini (paleontologo, Università di Roma), Carlo Lauro (petrografo, Università di Roma), dott. G. Carlo Negretti (assistente paleontologo ), M. Luisa Stein (chimico, Università di Perugia), Paolo Malatesta (chimico, Università di Roma); M. Guarducci , Le reliquie di Pietro sotto la confessione della Basilica Vaticana , Poliglotta Vaticana, 1965. 155 Caudio Rendina, I papi, storia e segreti, Newton & Compton editori, Roma, 1996,p .20.

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state identificate le reliquie di Pietro con argomenti che convincenti.” 156

4. Sono state trovate realmente le ossa di Pietro?

Gli archeologi ed i direttori degli scavi, Antonio Ferrua ed Engelbert Kirschbaum,157 insieme ad

Enrico Josi,158 che hanno condotto i lavori molti anni, hanno negato la validità della scoperta. Antonio Ferrua159ha preso l’iniziativa e, a nome anche degli altri tre protagonisti dello scavo (padre E. Kirschbaum, E. Josi, Bruno Maria Apollonj Ghetti) ha fatto pervenire alla Segreteria di Stato un memoriale di undici pagine in cui sosteneva che non s'erano trovate le reliquie di san Pietro. Nella memoria, racconta come lui stesso, insieme ad E. Kirschbaum avesse scavato nel così detto “muro g”, nel 1941, vedendo la cassetta vuota; vi erano solo poche insignificanti tracce di ossa, del piombo, due fili d’argento ed una moneta. Gli scavi sono durati dal 1940 al 1951 e durante questo periodo non hanno portato a niente. Inoltre la signora Guarducci non ha partecipato per niente ai lavori. Lei è stata assunta solamente nel 1952.

Il giorno seguente, papa Paolo VI ha inoltrato tale testo alla signora Guarducci, chiedendoli di presentare le proprie obiezioni a riguardo. Lei ha risposto in quarantacinque pagine. “La solita valanga di parole nella mancanza di fatti precisi,” commento signor Ferrua in Civiltà Cattolica.160 Nonostante le testimonianze, il papa è passato dalla parte della signora Guarducci. Deluso, il professor Ferrua si spinse ad una opposizione aperta contro la professoressa, affermando che ha costruito un ingegnoso edificio, ma senza basi scientifiche dimostrabili.161 Ferrua ha continuato a sostenere le sue tesi finché non è stata la morte a metterlo a tacere, facendo spegnere una delle più importanti voci contrarie.

Ci sono ancora delle prove contrarie. Non è insignificante neanche il modo nel quale sono stati fatti gli scavi archeologici; non sono fatte foto o, almeno, queste non sono state pubblicate, il libero accesso è stato negato, si parla di modifiche al sito archeologico, come l’ammassamento delle ossa ritrovate, cosa che avrebbe reso più difficile l’identificazione dei reperti. Ci sono voci che accusano il monsignor Ludwig Kass di essere penetrato di nascosto sul sito facendo importanti modifiche. Non 156 B. Corsani, La tomba di Pietro, Torino, Claudiana, 1971, p.1. în C. Papini, Pietro a Roma?, Claudiana, Torino, 2006, p.142. 157 E. Dassamann, Ist Petrus wirklich darin? , p. 224 in C. Papini, Pietro a Roma?, Claudiana, Torino, 2006, p.144; Engelbert Kirschbaum è stato molto interessato a scoprire le ossa di Pietro. Nel libro Esplorazioni... dice che ha trovato un gruppo di ossa ammucchiate. Queste sono state portate all’Istituto di Antropologia di Palermo. Al direttore Venerando Correnti è stato affidato il compito di identificare i diversi gruppi di ossa. Egli ha detto che i resti appartengono a tre persone delle quali una è con certezza una donna sui 70 anni. Quindi era impossibile identificare le ossa dell’apostolo 158 B. M.Apollonj Ghetti, A. Ferrua, E. Josi, E. Kirschbaum: Esplorazioni Sotto La Confessione Di San Pietro In Vaticano Eseguite Negli Anni 1940-1949 due voll., Tipografia Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano, 1951. 159 A. Ferrua, è stato professore di Archelogia Cristiana all’Università Gregoriana. Nel 1942 è stato nominato collaboratore alla Pontificia Accademia Romana di Archeologia, della Società Romana di Storia Patria. Nel 1959 lo Stato Italaino gli ha offerto la medaglia d’oro meriti scolastici, culturali ed artistici. Ecco alcune delle sue opere principali: A. Ferrua, Nelle grotte di S. Pietro, in Civ. Catt. 1941 II 373-378; pp.457-463; Nuove scoperte sotto S. Pietro, ivi, 1942 IV pp.73-86; 228-241; Sulle orme di S. Pietro, ivi, 1943 III pp.36-45; La storia del sepolcro di S. Pietro, ivi, 1952 I pp.15-29; À la recherche du tombeau de saint Pierre, in Études, t. 272 (1952) pp.35-47; La criptografia mistica ed i graffiti vaticani, in Rivista di archeologia cristiana 35 (1959)pp, 231-247; Memorie dei ss. Pietro e Paolo nell’epigrafia, în Saecularia Petri et Pauli, Città del Vaticano, Tip. Pol. Vaticana,1969, pp.129-148; Pietro in Vaticano, in Civ. Catt. 1984 I pp.573-581; La tomba di S. Pietro, ivi, 1990 I pp.460-467. 160 Orazio Petrosillo, Quelle ossa? Per l'archeologo gesuita non sono state ritrovate , La disputa tra Margherita Guarducci e padre Antonio Ferrua in Il Messaggero, 2.1.2001 161 “Questa storia dimostra quale potenza di convincimento può avere nella Chiesa una donna sicura, dura e passionale, che peraltro annetteva all'esistenza delle reliquie un valore teologico che è, invece, ben garantito dall'esistenza certissima della tomba di Pietro in Vaticano…” Orazio Petrosillo, Quelle ossa? Per l'archeologo gesuita non sono state ritrovate , La disputa tra Margherita Guarducci e padre Antonio Ferrua in Il Messaggero, 2.1.2001

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possiamo non osservare che “la presenza di queste ossa era sfuggita ai quattro archeologi che vi lavoravano durante il giorno… e per quasi dieci anni nessuno si fosse ricordato della loro esistenza. Gli archeologi non erano dei semplici muratori ma specialisti che cercavano proprio le ossa … come potevano loro essere sfuggite? Com’era possibile che tutto il mondo parlasse della ricerca e nessuno ricordasse la cassetta? La stessa Margherita Guarducci, in occasione di una conferenza tenutasi a Rimini, afferma che, per diversi motivi, gli scavi effettuati in precedenza siano stati realizzati impropriamente; non c’è stato un diario degli scavi, in questo modo non si poteva sapere lo stato di avanzamento dell’opera nei diversi punti.”162

È evidente che questi scavi, anziché risolvere il problema della reliquie di Pietro, non hanno fatto

altro che “complicare maggiormente”163 la situazione. 5. Domande!

Mons. Giuseppe Gallina, docente di storia ecclesiastica presso la Facoltà Teologica dell’Italia

Settentrionale e di storia ecclesiastica e patrologia presso Seminario Diocesano di Lodi, nell' itinerario archeologico, dopo una seria e documentata presentazione della scoperta della tomba di San Pietro in Vaticano viene ad affrontare una domanda legittima: Come mai non furono ritrovate le ossa nella loro tomba?

“La risposta, o meglio le varie risposte possibili, appunto perché varie, non permettono di giungere a una conclusione univoca e definitiva. La Guarducci difende con buoni argomenti la tesi che le reliquie di S. Pietro siano rimaste nella loro tomba originaria fino al quarto secolo, quando si diede mano alla costruzione della basilica costantiniana. Soltanto allora sarebbero state riesumate e collocate con onore nel vano del Muro dei graffiti. E questo per motivi eminentemente pratici, perché soltanto così potevano essere protette dal pericolo di disgregazione, provocato in quella zona dalle acque sotterranee e da quelle piovane (cfr. Le Reliquie di Pietro, cit., pp. 57-65). Quest’ipotesi è verosimile, ma urta contro difficoltà che non si possono ignorare. Esse emergono dai dati offerti dagli scavi condotti dal 1915 in poi nelle catacombe di S. Sebastiano sulla via Appia, oltre che da alcune espressioni contenute in una iscrizione poetica, che papa Damaso, negli ultimi decenni del IV secolo, aveva fatto murare sul fianco sinistro dell’abside della cosiddetta “Basilica degli Apostoli”, sorta in quella località circa cinquant’anni prima. Gli scavi misero in luce una specie di cortile trapezoidale costruito nel III secolo e denominato Triclia. Era questo certamente un luogo di riunione cristiana, come dimostrano le sue pareti, gremite di graffiti in lingua greca e latina, quasi tutti traboccanti di espressioni devote e di preghiere a Pietro e Paolo.” 164

Lo storico Tacito afferma che molti martiri “…venivano ricoperti con pelli di animali, divorati dai

cani, crocifissi o arsi vivi, come torce che illuminano la notte…”165 Dopo che erano uccisi, le ceneri

162 Le conferenze di Rimini presentate da prezentate de Margherita Guarducci, Moderatore Giancarlo Cesana, Pietro a Roma in Vaticano Il cammino di un popolo: i primi cristiani, venerdì 26 august 1994, ore 17. 163Carlo Falconi, Storia dei Papi, Compagnia Edizioni Internazionali, Roma-Milano, vol. I, 1967, p. 58. 164 Mons. Giuseppe Gallina, La scoperta della tomba di San Pietro, Centro Pastorale Diocesano “ Maria Sedes Sapientae”, p. 20. 165 “Perciò, per far cessare tale diceria, Nerone si inventò dei colpevoli e sottomise a pene raffinatissime coloro che la plebaglia, detestandoli a causa delle loro nefandezze, denominava cristiani. Origine di questo nome era Cristo, il quale sotto l'impero di Tiberio era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato; e, momentaneamente sopita, questa esiziale superstizione di nuovo si diffondeva, non solo per la Giudea, focolare di quel morbo, ma anche a Roma, dove da

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venivano gettate nel Tevere. Con sicurezza, nel caso di una condanna a morte, Pietro, non essendo cittadino romano, avrebbe subito una morte del genere. Anche se ammettessimo che sia stato crocefisso, è impossibile che sia stato sepolto in Vaticano. A quel tempo, in quel luogo vi erano i giardini imperiali di Nerone e nessuno avrebbe potuto ufficiare una sepoltura, anche se in gran segreto. In un’epoca nella quale i cristiani erano cacciati come uccelli, come potremmo pensare ad un condannato sepolto nei giardini dell’imperatore? Impossibile. Il teologo protestante Oscar Cullmann, invitato in via speciale dal papa a verificare le prove, dopo aver visionato la presunta tomba ha detto:

“Sono argomenti schiaccianti che dimostrano senza alcuna ombra di dubbio che Pietro non ha potuto essere sepolto nei giardini di Nerone. Come avrebbero potuto officiare proprio qui una sepoltura proprio nei giorni nei quali erano perseguiti?”. 166 La domanda non si ferma qui. Sappiamo che non è esistito alcun culto dei martiri o dei morti fino

alla fine del II secolo. Questo è comparso solo dopo la morte del vescovo Policarpo di Smirne, in Oriente, mentre in Occidente ancor più tardi.

“…a Roma, durante i primi due secoli, non è esistito alcun interesse per le tombe dei martiri…neanche i vescovi avevano delle tombe; le più vecchie le troviamo nelle catacombe di Callisto e risalgono al III secolo.” 167 Logicamente, Cullmann si chiede:

“Come possiamo spiegarci la mancanza della tomba di Ignazio d’Antiochia…del vescovo dei martiri Telesforo, di Giustiniano, i quali sono stati martirizzati a Roma e erano rispettati in modo particolare?” 168 E’ evidente come i primi cristiani non avessero alcun interesse per il culto dei morti. 169

“Di tutta la storia di Pietro”, dice lo storico valdese Giorgio Tourn, “il 60% è falso, mentre il resto è solo ipotesi. In nessun caso è stato il vescovo della chiesa di Roma… la sua tomba non è mai stata trovata; tutto quello che ci è stato presentato, è un cimitero pagano in Vaticano e qualche segno grafico difficile da interpretare. 170

6. Qual è il vero sepolcro?

ogni parte confluisce e viene tenuto in onore tutto ciò che vi è di turpe e di vergognoso. Perciò, da principio vennero arrestati coloro che confessavano, quindi, dietro denuncia di questi, fu condannata una ingente moltitudine, non tanto per l’accusa dell'incendio, quanto per odio del genere umano. Inoltre, a quelli che andavano a morire si aggiungevano beffe: coperti di pelli ferine, perivano dilaniati dai cani, o venivano crocifissi oppure arsi vivi in guisa di torce, per servire da illuminazione notturna al calare della notte. Nerone aveva offerto i suoi giardini e celebrava giochi circensi, mescolato alla plebe in veste d’auriga o ritto sul cocchio. Perciò, benché si trattasse di rei, meritevoli di pene severissime, nasceva un senso di pietà, in quanto venivano uccisi non per il bene comune, ma per la ferocia di un solo uomo” Tacito, Annales, Libro XV,44. 166 Oscar Cullmann, St. Pierre, Disciple, Apotre, Martyr, Neuchatel e Paris, 1952, p. 136. 167 Idem 168. 168 Idem 168 169 Un argomento importante nell’Apocrifo Atti di Pietro. Si narra che Pietro, comparso in sonno ad un certo Marcello . un ricco personaggio di Roma - sgridandolo perché aveva raccolto se sue ossa riponendole in una tomba. „Non hai sentito la voce di Dio che diceva di lasciare che i morti seppelliscano i morti…Perché tu che sei vivo ti sei curato di un morto come se tu stesso fossi morto?” Atti di Pietro, citazione di L.Moraldi, Gli Apocrifi, Lettere e Apocalissi, Casale Monferatto, Piemonte,1994, pp.103-104 170 Giorgio Tourn, Pietro a Roma – L’apostolo Pietro a Roma: storia o leggenda? Studio su Pietro a Roma – senza pagina.

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a. La tomba della cripta di San Sebastiano

Esistono altri due posti che hanno la pretesa di ospitare le ossa di Pietro. Uno di questi è la cripta

di San Sebastiano nelle catacombe romane. La prima testimonianza a favore della sepoltura degli apostoli in questo luogo si trova nel documento ufficiale Deposito martyrum nel Catalogo Liberiano, realizzato nel 354. La Chiesa Cattolica riconosce l’autenticità di questo catalogo. Il documento non riferisce alcuna commemorazione per l’apostolo Pietro in Vaticano.171 Tutte le fonti letterarie antiche (dal Liber pontificalis in poi) accennano unanimemente alla temporanea sepoltura di Pietro e Paolo in quelle catacombe. Ma è evidente che ciò non poteva avvenire prima della metà del III secolo, perché soltanto allora quell’area diventò proprietà dei cristiani.172

Nel 1917 sono iniziati gli scavi nella catacomba e nella cripta di Santo Stefano. Con l’occasione è stata rinvenuta un’iscrizione del XIII secolo, equiparabile ad un fulmine a ciel sereno per la teologia ufficiale della chiesa:

“Chiunque tu sia, che stai cercando il nome di Pietro e Paolo, devi sapere che qui sono stato sepolti santi fin dall’inizio. L’Oriente ha mandato da noi i discepoli e lo testimoniamo apertamente; per il merito del sangue hanno seguito Gesù tra le stelle, arrivando nel Regno dei Santi.”173 Poco tempo dopo, è emersa un’altra scoperta ancora più sconvolgente. Durante gli scavi

effettuati, sono stati ritrovati molti testi scritti in latino e greco, nei quali venivano invocati i due apostoli. Tra questi, uno è speciale: “Pietro er Paulo Tomius Coelius refrigerium feci” 174 – “Io, Tomius Coelius, ho portato un rinfresco in onore di Pietro e Paolo”. È risaputo che, dal III secolo, le influenze pagane hanno introdotto nel cristianesimo un rituale chiamato refrigerium – un pasto servito sulla tomba del defunto. Il testo parla proprio di questo rituale – Coelius refrigerium feci. Questa testimonianza ci dà degli indizi riguardanti le influenze pagane infiltrate nel cristianesimo del III secolo. Coloro che ufficiavano questo rituale ritenevano che le tombe di Pietro e Paolo fossero in quelle catacombe.

Per giustificare quest’obiezione, i teologi cattolici, come Marucchi, hanno affermato che le ossa dell’apostolo erano state spostate per un periodo nelle catacombe, per essere riportate in seguito in Vaticano. Questa spiegazione è ancora meno credibile della storia della sepoltura dell’apostolo nel giardino dell’imperatore. Se non era possibile la sepoltura nel giardino imperiale, com’era possibile l’esumazione ed il trasferimento delle ossa proprio durante il periodo delle persecuzioni di Valeriano? I cristiani erano di nuovo l’obiettivo delle persecuzioni. L’esumazione poteva essere fatta solo con il permesso del Collegio dei Pontefici, altrimenti era considerato un delitto passibile di condanna a morte. Chi avrebbe rischiato la propria vita per ciò? Sono necessari argomenti ancora più seri, per fare una tale affermazione, e una maggiore fede per crederla autentica.

b. Il sepolcro del Chiesa del Dominus Flevit Proprio nel momento nel quale papa Pio XII annunciava al mondo intero la scoperta a Roma del

171 Solo cento anni dopo nel Catalogo Martyrologium Hieronymianum ( 431), si parla della commemorazione in Vaticano. Carlo Papini, Pietro a Roma?, Claudiana, Torino, 2006, p.145 172 O. Marucchi, Le catacombe romane, Roma, 1933, pp. 251- 28 in Mons. Giuseppe Gallina, La scoperta della tomba di San Pietro, Centro Pastorale Diocesano “ Maria Sedes Sapientae”, p.20. 173 cfr. Epigrammata damasiana, a cura di A. Ferma, Città del Vaticano,1942, pp. 139-148; Hic habitasse prius sanctos cognoscere debes, nomina quisque Petri pariter Paulique requiris....”G. Mierge, Pietro a Roma,Claudiana, 2006, p.47. 174 La datazione dell’iscrizione risale all’anno 258. Petro und Paulus in Rom, Berlino e Lipsia, 1927, pp.122-125.

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sepolcro dell’apostolo Pietro (23 dicembre 1950), due preti romano-cattolici, P.B. Bagatti e J.T.Milk, facevano degli scavi presso la Chiesa del Dominus Flevit, vicino a Gerusalemme, nel monastero edificato sul luogo dove si ritiene che Gesù abbia pianto il destino della Città Santa. Questa chiesa ha una storia molto interessante:

Intorno al 1800, un gruppo di francescani comprarono un terreno sul quale costruirono un edificio molto semplice. Le leggi turche vietavano l’affissione di qualsiasi segno cristiano. Nel 1951, le sorelle benedettine hanno deciso di vendere un appezzamento del loro terreno. Il proprietario ha iniziato la costruzione, ma ha scoperto una serie di oggetti antichi (vasi e monete romane e bizantine) e sepolcri. Sono stati fatti degli scavi archeologici che hanno portato alla luce un intero complesso mortuario. Le casse di legno e pietra erano ornate con il segno Tav, che molti hanno interpretato come un segno della croce. Nel secondo sepolcro hanno trovato un ossario, sul quale si trovava il monogramma greco chi ro (XP) – monogramma per Gesù Cristo.

Le scoperte sono state pubblicate otto anni più tardi, nel volume Gli scavi del Dominus Flevit. Lo studio e gli scavi effettuati contraddicevano categoricamente l’annuncio fatto dal papa, il quale aveva affermato che tra i sepolcri dell’epoca primordiale del cristianesimo, scoperti e analizzati dagli archeologi del Dominus Flevit, si trovasse anche il così detto sepolcro dell’apostolo Pietro. La testimonianza era costituita dall’iscrizione Simon Bar Jona – Simone, figlio di Jona – ritrovata su un frammento dell’ossuario, vicino agli altri incisi di Maria, Marta e Lazzaro. 175

Poco dopo, in modo miracoloso, le tracce del sepolcro con il nome Simon Bar Jona sono scomparse (non però le fotografie che gli stessi archeologi sono riusciti a mantenere). Il lavoro ed il libro sono stati messi all’indice e non è stato accordata loro alcuna attenzione. Negli anni successivi, F. Paul Peterson, un cattolico americano, ha deciso di approfondire l’argomento e chiedere spiegazioni. Oltre le poche persone coinvolte direttamente negli scavi, nessuno è stato disposto ad aiutarlo. Tutto era scomparso senza lasciare traccia.176

CAPITOLO IX

“LA CHIESA DI BABILONIA VI SALUTA”

A. Il testo di Pietro Nei successivi due capitoli analizzeremo gli argomenti che depongono a favore dell’arrivo di

Pietro a Roma. Il primo di questi argomenti ed anche il più importante si trova nella prima Epistola di Pietro:

“La chiesa che è in Babilonia, eletta come voi, vi saluta. Anche Marco, mio figlio, vi saluta.” 1 Pietro 5:13

175 P.B. Bagatti şi J.T. Milik, Gli Scavi del „Dominus Flevit”, Pubblicazioni dello Studio Biblicum, Franciscanum, Nr. 13, Tipografia dei Printing Press. Francescani, Gerusalemme, 1958. 176 Secondo Smalz Pietro sarebbe morto a Gerusalemme nell’anno 44.D. C. Smalz , Did Peter Die in Jerusalem? , ivi 71 (1952), pp. 211-216; Cfr Katzenmager , Die Schicksale des Petrus con seinem Aufenthalt in Korinth bis seinem Martyrtod , in «Intern. Kichl. Zeitschr.» 34 (1944), pp. 145-15; Dumitru Manolache, Unde se afla mormantul Apostolului Petru: la Roma sau la Ierusalim? Gardianul, 09/02/2008.

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L’interpretazione di questo passaggio non è semplice. Normalmente, dovremmo cercare un passaggio simile. Non esiste. Non abbiamo nessun altro testo che dica chiaramente che sia venuto a Roma, come non esiste nessun altro testo che ci dice che non ci sia arrivato.177

L’aggettivo suneklekte – l’eletta178 - è al femminile. La Vulgata traduce il versetto in modo diverso, senza usare la parola Chiesa: “Colei che è l’eletta di Babilonia vi saluta…”179 Basandosi su quest’aspetto, alcuni teologi affermano che non si tratta di una chiesa, ma della moglie di Pietro.180 L’interpretazione è discutibile.

B. Babilonia – Roma La parola Babilonia costituisce l’elemento chiave per i teologi ed è interpretata come un

riferimento alla Roma pagana. Così l'interpretarono, oltretutto, gli scrittori antichi, quali Papia,181 Clemente Alessandrino, Eusebio di Cesarea, S. Girolamo; in tal senso lo intendono tutti gli esegeti cattolici moderni insieme anche a molti protestanti. Quest’argomento è sostenuto dal fatto che Roma si è conquistata questo nome in seguito alle persecuzioni contro i cristiani.182 Diversi scrittori hanno usato questo parallelismo; anche teologi protestanti, come Cullmann e Renan. Questo ultimo dice:

"In questo passo Babilonia designa evidentemente Roma; è in tal modo che si chiama, nelle comunità primitive, la capitale dell'impero."183

Questa interpretazione viene sostenuta anche dal Seventh Day Adventist. Bible Commentary:

“…la tradizione mostra che ha finito la sua opera con una morte violenta, a Roma. È risaputo che i primi cristiani usassero il nome Babilonia per designare Roma.” 184

Certamente, queste citazioni sono importanti, ma esiste un elemento chiave al quale non si può sfuggire. Falconeri dice testualmente:

“La sostituzione del nome di Roma con Babilonia è avvenuta solo in seguito alle grandi persecuzioni di Nerone.” 185

La tradizione narra che Pietro sia stato uno dei primi martiri di questa persecuzione , nell’anno 64. Quindi se alla data della sua morte non esisteva questo parallelismo, come avrebbe potuto usarlo Pietro? E ancora prima delle persecuzioni,186quando scrive la sua epistola? Questa non è solamente una semplice domanda ma una riflessione che ancora attende una risposta.

C. Babilonia - Diaspora L’interpretazione metaforica usata dalla Chiesa Cattolica ha un corrispettivo nella teologia

177 Affermare che sia stato a Roma, perché non troviamo alcun testo che ci dica che non ci è stato, è assurdo. Sarebbe come se dicessimo. “Pietro è stato a Londra perché non abbiamo trovato alcun testo che ci dica che non c’è stato in questo luogo.” 178 1 Pietro 5,13. La traduzione inserisce eklesia – Chiesa, parola che non esiste nel testo. 179 salutat vos quae est in Babylone cumelecta et Marcus filius meus - Peter 5:13 Vulgata. 180 J.K. Applegate, The Coelect Woman of 1 Peter, New Testament Studies, 32, 1992, pp. 588-604. 181 Papia di Gerapoli, 130 d.C., usa il termine figurato di Babilonia per indicare Roma, afferma che Pietro ha scritto da Roma la sua lettera. Papia in Eusebio, Storia Ecclesiastica II, 15, 2. 182 L'equazione Babilonia-Roma era frequente nell'apocalittica: Oracoli della Sibilla : « Essi bruceranno il mare profondo, la stessa Babilonia e la contrada dell'Italia » 5,159; Rivelazione di Baruc 1, 2; Esdra 3, 1 s, 28,31). Tertulliano, Adv. Judaeos 9; Adv. Marcionem 3, 13 . H. Fuchs , Der geistige Winderstand gegen Rom , 1938, pp. 74ss; B. Altaner , Babylon , in «Reallaxicon für Antike Christentum». coll. 1131 ss.. 183 O. Cullmann, Saint Pierre, Neuch&tel 1962, p.72. 184 S.D.A. Bible Comentary, Review and Herald, Hagerstown, Vol. VII, 1980, p. 589 185 Francesco di Silvestri Falconeri, L Apostolo san Pietro e mai stato a Roma?, Ed. La Speranta, Roma, 1925, p.30. 186 La datazione dell’epistola di Pietro in SDA Bible Comentary, pag.547-548.

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protestante. Karl Heussi187 ed altri autori tedeschi ed italiani188 vedono nel testo di 1 Pietro 3,15 una ripresa dell’idea di 1 Pietro 1,1 – “Pietro, apostolo di Gesù Cristo, agli eletti che vivono come forestieri dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia, nell' Asia e nella Bitinia”. L’espressione “forestieri e dispersi” suggerisce l’idea della dispersione, della partenza da casa. In questo senso la “Babilonia” è sinonimo di “Diaspora” – luogo dove la Chiesa è dispersa. Se accettiamo questa idea, allora probabilmente Pietro scrive dalla diaspora per le chiese disperse nell’Impero Romano.

D. La Babilonia d’Egitto Sul canale che lega il Nilo con il Mar Rosso, oggi nei sobborghi del Cairo, si trovava a quel

tempo un piccolo insediamento che si chiamava Babilonia. Strabone e Flavio189credono che fosse una guarnigione militare ed aveva anche una piccola comunità giudaica. Una tradizione copta indica questa città come il luogo dal quale Pietro abbia scritto la sua Epistola.190 Loro considerano Marco come il primo vescovo di Alessandria. Questa tradizione è rafforzata da altri due scritti apocrifi (di grande importanza per i teologi cattolici): Il vangelo di Pietro e l’Apocalisse di Pietro, che sono di provenienza egizia. Nel V secolo, qui vi era una piccola chiesa, un vescovo e qualche fedele.

Visto i saluti di Marco nell’epistola di Pietro e le testimonianze quale primo vescovo di Alessandria di Egitto,191 molti cristiani copti credono ancora oggi che la prima lettera di Pietro sia scritta dall’Egitto.

E. La Babilonia della Mesopotamia

Dopo la conquista di Alessandro Magno (331 a.C.), Babilonia perde l’influenza politica. Trentanni dopo Seleuco I (304-280) ed Antioco I (280-261) fecero costruire una nuova città, la Seleucia. Nel 275 a.C. fu emanato un editto che chiedeva ai tutti i babilonesi di lasciare Babilonia per recarsi a Seleucia: le mura e le fortezze di Babilonia furono smantellate e la sua vita economica e politica venne ridotta ai minimi termini. Babilonia continuò però a vivere.

Negli anni 40-60, la Babilonia della Mesopotamia era debole dal punto di visto politico-economico. Diodoro Siculo scrive nel I secolo sulla città di Babilonia, che era “abitata solo in minima parte, mentre la maggior parte era coltivata.”192 Gli storici Giuseppe Flavio e Filone193 dicono che fosse distrutta da molto tempo, ma nei suoi dintorni abitava “la maggioranza dei giudei che erano rimasti nel paese” – Ant.jud. XI 5,2. Le tasse ed i dazi che venivano da Babilonia erano abbastanza insignificanti. Migliaia di giudei dovevano lavorare nelle miniere di argento dei Parti e accompagnare poi le carovane che lo trasportavano. – Ant.jud. XVIII 9,1. I simpatizzanti del giudaismo che venivano dall’Eufrate portavano i loro doni in Palestina.194

“la più grande comunità ebraica al di fuori di Gerusalemme non si trovava in Occidente, ma in

187 Karl Heussi , Die römische Petrustradition in kritischer Sicht , Tübingen 1955, pp. 37-38. 188 B. Prete, L’espressione „He Babuloni sxneklekte” di 1 Pietro 5, „Vetera Christianorum”, Bari, 1984, p 352; J.N.D. Kelly, A Commentary on the Epistle of Peter and Jude, BNTC, Londra, Blank/N.York, Harper&Row, 1969, p. 219. 189 Strabone 17, 30 ; Flavio Giuseppe Ant. Giud. 11,15,1 in Guathier , Dictionnaire de noms géographiques IX , pp. 303-204; A.H, Gardiner , Ancient Egyptian Onomastica , pp. 131-144. 190 G. Mierge, o. c. p 23. 191 Filone, La vita contemplativa, 17, 3 e Eusebio, Storia Ecclesiastica, II, 16. 192 Diodoro Siculo, Bibliotheca Historica, lib.II, 9, 9.; Strabone, Geographia XVI,1,5; Plinio il Vecchio, Historia naturalis VI, pp.121-122. 193 Giuseppe Flavio , Antiquitates judaicae. XV, 2, 2 ; Filone , Legatio ad Caium 182. 194 Giuseppe Flavio Antiquitates judaicae, III, 15, 3.

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Oriente, a Babilonia.” 195 Quando parliamo di Babilonia, non ci riferiamo per forza alla città antica, che, così come

abbiamo detto, era già stata distrutta, ma intendiamo l’intera regione dell’Eufrate. “Era il nome usuale per identificare la patria dei giudei che abitavano ad est dell’Eufrate.”196 È risaputo che nella regione babilonese esistesse una forte scuola talmudica. Si chiamava proprio “Babilonia.”197 Nell’Enciclopedia Giudaica esiste un riferimento alla “grande Accademia (del giudaismo) di Babilonia”. Da qui deriva il così detto Talmud Babilonese. Hillel e, più tardi, Rabi Hiyyia con i suoi figli abbandonano Babilonia “poiché la legge era stata dimenticata.”198

Questi argomenti ci permettono di pensare che gli apostoli non abbiamo perso l’occasione di evangelizzare anche questa zona.199 Probabilmente già nel primo secolo vi erano piccole comunità cristiane. Un manoscritto siriano del III secolo – Didascalia Apostolurum – ci dà informazioni di un missionario cristiano del I secolo chiamato Addai, evangelista di Edessa, e del suo discepolo, Aggeo, in Persia.200 È molto probabile che in uno di questi viaggi missionari vi sia stato lo stesso discepolo di Galilea e che abbia scritto da qui la sua Epistola. Il brusco silenzio degli Atti degli Apostoli è giustificato dall’isolamento di questi lontani territori.

CAPITOLO X

I TESTIMONI

„ Martedì 12 gennaio 2010 alle 16:53 dieci scosse di terremoto, la più violenta delle quali di magnitudo 7 Richter, devastano Haiti causando una delle più gravi catastrofi umanitarie della storia moderna.” 201 Questa notizia ha fatto il giro del mondo in pochi minuti. Nella stessa giornata, tutte le televisioni

del mondo e centinaia di migliaia di siti internet riprendevano la notizia e la commentavano. Tutto il mondo discuteva dell’evento e chiedeva informazioni. Un mese dopo le agenzie di stampa si sono dimenticate di Haiti. Qualche mese dopo nessuno ricordava più l’accaduto.

Questo esempio ci aiuta a comprendere cosa succede con l’informazione. Alla data di produzione dell’evento, normalmente, dobbiamo avere il maggior numero di testimoni. I giornali, la televisione ed i libri abbondano con notizie, che competono tra loro per presentare anche i più piccoli dettagli. Coloro che riescono a presentare il maggior numero di dettagli hanno la possibilità di essere i più credibili e fare un audience maggiore. Man mano che passa il tempo, la situazione cambia; calano i testimoni, l’informazione diminuisce e l’evento passa nel dimenticatoio.

Questo meccanismo è valido in ogni epoca ed in ogni luogo della superficie terrestre. Viene applicato in ugual misura anche alle informazioni religiose. Il miglior esempio sono gli atti del Salvatore. All’epoca della sua opera messianica i testimoni erano molti. Non meno di quattro 195 S.H. Moffett, A History of Christianity in Asia, Harper, San Francesco, Vol. I, 1991, p. 51. 196 A. Schlatter, Petrus und Paulus nach dem ersten Petrusbrief, Stuttgart, 1937, p. 176. 197 L’Encyclopaedia Judaica , Gerusalemme, 1971, Vol. 15, col. 755. 198 Moore, Judaism in the First Centuries of the Christian Era , vol. I, Cambridge 1927, p. 6. 199 Erasmo ha sostenuto l’idea dell’attività missionaria di Pietro in Mesopotamia, in G. Mierge, o. c., p. 23, nota 51. 200 S.H. Moffett, A History of Christianity in Asia, Harper, San Francesco, Vol. I, 1991, nota 27, p. 33. 201 ANSA; 19 gennaio, 18:39.

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evangelisti scrivono le loro testimonianze: i Vangeli. L’apostolo Giovanni non esita ad affermare che Gesù abbia fatto “molte altre cose…che se si scrivessero a una a una, penso che il mondo stesso non potrebbe contenere i libri che se ne scriverebbero” (Giovanni 21,25). Ci sono migliaia di testimoni che hanno visto e sentito quello che era accaduto. Con il passare del tempo, i testimoni sono morti e le sole informazioni che ci sono rimaste sono quelle che sono state trascritte all’epoca. In seguito niente è stato aggiunto.

Qual' è la situazione relativa alle informazioni della vita di Pietro a Roma? Rispettano il principio che abbiamo enunciato in precedenza? Normalmente, alla data del suo arrivo a Roma ci sarebbe dovuto essere un numero maggiore di testimoni e l’informazione sarebbe dovuta essere diffusa maggiormente; poi, con il passare del tempo calare. Qual è la situazione?

Chi sono i testimoni? Alla data della produzione dell’evento nessun testimone, nessun autore, nessuno scritto.

L’apostolo Giovanni che era in vita tace a proposito. Una generazione dopo, alla fine del I secolo soltanto un autore: Clemente il Romano (intorno all’anno 90/100) nomina gli apostoli Pietro e Paolo, ma non dice niente della loro opera a Roma.

Nel II secolo tre autori: Ignazio d’Antiochia (intorno all’anno 110), Dionisio di Corinto (Intorno all’anno 170) ed Ireneo (180-190) e Tertulliano (60-220) La citazione di Ignazio è irrilevante e, allo stesso modo, Clemente, non afferma niente a proposito dell’arrivo dell’apostolo. Dionisio fa un grave errore di ermeneutica e ci da una falsa informazione. Ireneo è Tertulliano sono gli unici che dicono con forza che Pietro abbia fondato la chiesa di Roma e che ne detiene il primato.

Nei seguenti 200 anni abbiamo vari autori: l’Apocalisse di Pietra fa testa tra i documenti, poi segue, Tertulliano, Clemente… Tra questi Clemente è citato cento anni dopo da Eusebio, quindi non abbiamo la sua testimonianza.

Passano altre due generazioni e nel IV secolo appare Eusebio di Cesarea e subito dopo cresce il numero di coloro che parlano a favore dell’arrivo di Pietro a Roma, formando la tradizione millenaria che conosciamo oggi.

L’ordine è semplice: 0,1,3,5,… e così via, crescendo proporzionalmente con il passare del tempo. Più l’epoca è lontana dal periodo apostolico, più è grande il numero delle persone che sostengono l’arrivo di Pietro e maggiore l'aumento del primato della Chiesa Romana.

Qui troviamo la chiara evidenza di una deviazione dell’informazione. Contrariamente al principio ricordato in precedenza, che il maggior numero di testimoni deve aversi alla produzione dell’evento, nel primo periodo manca ogni informazione. Dopo 200 anni, compaiono le prime “chiare testimonianze”. Passano altri 100 anni e da Eusebio si sviluppa l’intera tradizione. L’ordine invertito è evidente. Solo questo fatto è sufficiente per mostrare che le informazioni connesse alla storia di Pietro sono da studiare con molta attenzione.

È di fondamentale importanza ricordare che, in questo periodo (60-200), sono stati circa 20 gli autori cristiani202 che non hanno nominato l’opera di Pietro a Roma, mentre altri lo hanno presentato

202 Policarpo di Smirne ( 60-156), Papias (125-130), Barnaba Pseudo ( 90-140), Herma, Fronto di Cirta, Luciano din Samosata ( 167), Celsus il filosofo (178), Quadratus (123-124), Aristide il filosofo di Atene ( 139), Ariston di Pella, Giustino il Martire ( sec II), Miltiade, Apollinario il vescovo di Hierapolis (sec II), Meliton di Sardes, Tatiano convertito a

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come vescovo di Antiochia. Tra di questi non posso non ricordare Tatiano convertito a Roma (120-173), Atenagora l’ateniese, Minucio Felix, avvocato romano (222-225), Hegesipo (180-192) e soprattutto Ippolito (70-175). Ippolito era l’anziano di Roma. Lui ha combattuto fino allo stremo contro le innovazioni apportate dai papi Zefrini e Callisto. Alla fine, vedendo la continua tendenza di supremazia del vescovo romano, si è separato dalla Chiesa Cattolica creando un gruppo a parte. 203

Le prime tre testimonianze di Clemente il Romano, Ignazio di Antiochia e Dionisio di Corinto, sono considerate dagli storici “testimonianze essenziali” nella dottrina petriana. Quindi, vi invito ad analizzarle insieme.

CAPITOLO XI

EPISTOLA AI CORINTI CLEMENTE IL ROMANO

“Per invidia e per gelosia i più validi e i più importanti pilastri [della Chiesa] hanno sofferto la persecuzione e sono stati sfidati fino alla morte. Volgiamo il nostro sguardo ai santi Apostoli... San Pietro, che a causa di un'ingiusta invidia, soffrì non una o due, ma numerose sofferenze, e, dopo aver testimoniato con il martirio, assurse alla gloria che aveva meritato.”

Clemente di Roma, Epistola ai Corinti, v.

Clemente è stato uno dei primi vescovi di Roma. Ireneo ci dice che sia stato il terzo, dopo Lino ed Anacleto, e che avrebbe “visto i beati apostoli ed ha parlato con loro.”204 Origene ed Eusebio ritenevano che fosse l’uomo menzionato dall’apostolo Paolo nell’Epistola verso i Filippesi (Filippi. 4,3). Dallo Pseudo-Clementine scopriamo che era un membro della famiglia reale dei Flavi, cosa difficilmente credibile, poiché, a quell’epoca il paganesimo era all’apice. Dallo studio del libro, scopriamo che conosceva molto bene il Vecchio Testamento, la Legge ed i Salmi. Nell’Epistola verso i Corinzi cita anche passaggi della letteratura apocrifa giudaica. Questo può essere un indizio sul fatto che non fosse un giudeo ellenista convertito al cristianesimo.

Sotto il nome di Clemente, vescovo a Roma, ci sono pervenute molte cose: Le epistole v ai Corinzi I e II, le epistole alle Vergini, i Decreti, le Clementine. Tra tutte queste opere, la sola ritenuta autentica è la Prima Epistola ai Corinzi, essendo tutte le altre apocrife.205 Questa grande sproporzione ci lascia un serio punto interrogativo: Questa prima epistola è autentica o è anch’essa un’opera tarda, la quale è stata attribuita all’anziano romano? Difficile dare una risposta.

La lettera è indirizzata ai corinzi, ben noti per il loro spirito litigioso. All' inizio la chiesa aveva un

Roma (120-173), Teofilo di Antiochia „ il VI vescovo dopo S.Pietro”, Atenagora l’ateniese , Minucio Felix, avvocato romano (222-225), Hegesipo (180-192), Ippolito (70-175) era prete a Roma. 203 Corso di Patrologia, Chiesa Ortodossa Romena, Gli apologetici latini, 2009. 204 Irineo, Aversus Haer., Lib. III, 3.3. 205 Clemente il Romano, Epistola verso i Corinzi, XLVII, 6,7, in Scritti dei padri apostolici, Ed. Istituto biblico e di missione della Chiesa Ortodossa Rumena, trad. padre D. Fecioru, Bucarest, 1979, p.40-41, nota introduttiva.

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spirito diverso: “ 1. Tutti eravate umili e senza vanagloria, volendo più ubbidire che comandare, più dare con slancio che ricevere. Contenti degli aiuti di Cristo nel viaggio e meditando le sue parole, le tenevate nel profondo dell'animo, e le sue sofferenze erano davanti ai vostri occhi. 2. Così una pace profonda e splendida era data a tutti e un desiderio senza fine di operare il bene e una effusione piena di Spirito Santo era avvenuta su tutti. 3. Colmi di volontà santa nel sano desiderio e con pietà fiduciosa, tendevate le mani verso Dio onnipotente, supplicandolo di essere misericordioso se in qualche cosa, senza volerlo, avevate peccato” 206

Con il passare del tempo la loro attitudine muta fino a sfociare in una rivolta contro i loro stessi vescovi, “rivolta impura e malvagia, estranea e mai vista prima tra gli eletti di Dio” (cap. 1,1). Si sono rivoltati contro i leader e hanno prodotto una grande rabbia e “molta vergogna”. L’anziano Clemente scrive la lettera e li rimprovera per il loro spirito battagliero:

“E’ vergognoso, miei amati, molta vergogna e indegno della vita in Cristo che si senta che la vecchia Chiesa dei corinzi si sia rivoltata contro i suoi capi…E questa notizia non è arrivata solo a noi, ma anche a quelli che hanno una fede diversa dalla nostra, poiché per via della vostra pazzia vengono portate calunnie al nome di Dio.” 207

Allo stesso tempo, lui chiede loro di rappacificarsi e di sopportare i problemi. Clemente fa appello

agli esempi degli uomini dell’antichità, i quali hanno sofferto persecuzioni e sofferenze senza vendicarsi: Abele, Giacobbe, Giuseppe, Mosè, Aronne, Davide…

“1. Così è scritto: "Accadde che, dopo molti giorni, Caino offrì a Dio in sacrificio dei frutti della terra e Abele offrì anche lui in sacrificio dei primogeniti delle pecore e del loro grasso. 2. E Dio guardò Abele e i suoi doni, ma non prestò attenzione a Caino e ai suoi sacrifici. 3. Caino ne fu molto rattristato e il suo volto mostrava abbattimento. 4. Dio disse a Caino: perché sei triste, e perché il tuo volto mostra abbattimento? Non hai forse peccato, se, pur offrendo rettamente il tuo sacrificio, non hai diviso rettamente le parti? 5. Rasserenati: la tua offerta ritorna a te e tu ne potrai disporre. 6. Disse Caino al fratello Abele: andiamo in campagna. E avvenne che mentre erano in campagna Caino si gettò sul fratello e lo uccise". 7. Vedete, fratelli, l'invidia e la gelosia portarono al fratricidio. 8. Per l'invidia il nostro padre Giacobbe fuggì dal cospetto di suo fratello Esaù. 9. L'invidia fece perseguitare Giuseppe sino alla morte e portarlo sino alla schiavitù. 10.L'invidia spinse Mosè a fuggire dalla presenza del Faraone, re di Egitto, nel sentire da un suo connazionale: "Chi ti ha posto come arbitro e giudice su di noi? Tu credi di uccidermi come hai ucciso ieri l'egiziano?". 11. Per invidia Aronne e Maria alloggiarono fuori dell'accampamento. 12. L'invidia portò vivi nell'inferno Datan ed Abiran per essersi ribellati contro il servo di Dio Mosè. 13. Per l'invidia David ebbe non solo l'odio degli stranieri, ma fu anche perseguitato da Saul, re d'Israele. 208

Da questi esempi del Vecchio Testamento, lui passa all’esempio degli apostoli:

“ma poniamo capo agli esempi antichi e passiamo agli atleti della fede che sono vicini a noi.

206 Clemente il Romano, Epistola verso i Corinzi, XLVII, 6,7, in Scritti dei padri apostolici, Ed. Istituto biblico e di missione della Chiesa Ortodossa Rumena, trad. padre D. Fecioru, Bucarest, 1979, p.40-41 207 Idem nota precedente. 208 Clemente il Romano, Epistola ai Corinzi, IV, 1-13.

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Prendiamo come esempio di coraggio qualcuno della nostra generazione. Per invidia ed inimicizia sono state perseguite le più grandi ed le più giuste colonne della Chiesa, lottando fino alla morte. Mettiamo davanti ai nostri occhi i buoni apostoli. Pietro, che per via dell’ingiusta invidia, non ha sofferto solo una, ne due, ma più afflizioni e, avendo reso testimonianza ( gr.- marturesas) è partito per il luogo di gloria per lui preparato. Per via dell’invidia e dell’inimicizia, Paolo ha ricevuto il premio della pazienza, portando sette volte le catene, cacciato, colpito con pietre, essendo un predicatore sia in Oriente, che in Occidente, ha ricevuto la gloria luminosa della sua fede…A questi uomini, che hanno vissuto con devozione, si aggiunge una moltitudine di uomini che ha sofferto per via dell’invidia molte afflizioni e torture e sono stati tra di noi una meravigliosa testimonianza. 209

Clemente prosegue la sua argomentazione parlando di Una schiera di eletti… “ 1. A questi uomini che vissero santamente si aggiunse una grande schiera di eletti, i quali, soffrendo per invidia molti oltraggi e torture, furono di bellissimo esempio a noi. 2. Per gelosia furono perseguitate le donne, giovanette e fanciulle che soffrirono oltraggi terribili ed empi per la fede. Affrontarono una corsa sicura ed ebbero una ricompensa generosa, esse deboli nel fisico. 3. La gelosia allontanò le mogli dai mariti ed alterò la parola del nostro padre Adamo: "Ecco ella è osso delle mie ossa e carne della mia carne". 4. La gelosia e la discordia rovinarono molte città e distrussero grandi nazioni.” 210

L’ANALISI

1. Parlando di Pietro, Quacquarelli e Papini sostengono che il termine greco marturesas –deve essere tradotto “rendere testimonianza”. A quell’epoca non era confermato l’uso di marturin nel senso di “affrontare il martirio”. Harnack conferma: “marturesas non significa di per sé morte.” 211

2. Nella descrizione della vita dei due apostoli, Clemente non ci da alcuna informazione riguardante Pietro. Al contrario, ci fornisce molti dettagli riguardanti Paolo: “ha portato sette volte le catene, fu cacciato, colpito con pietre, essendo un predicatore sia in Oriente, che in Occidente, ha ricevuto la gloria luminosa della sua fede…e cosi via.” Questa differenza può suggerire che l’anziano di chiesa non fosse molto informato sulla vita di Pietro.212

3. Gli uomini ai quali fa riferimento Clemente non sono solo gli apostoli, ma “l’intera

miriade di testimoni.” Clemente ci dà tre serie di esempi seguendo un ordine cronologico: a. gli uomini del Vecchio Testamento - cap. IV; b. poi gli apostoli Pietro e Paolo – cap. V; c. poi dice “A questi uomini, che hanno vissuto con devozione, si aggiunge una moltitudine di uomini che ha sofferto” – cap. VI.

Infine arriva la dichiarazione: questi sono stati “tra di noi una meravigliosa testimonianza”. Quindi, l’espressione non si riferisce solo a Pietro e Paolo, ma a tutte le categorie di uomini che hanno sofferto, da Abele fino agli ultimi martiri, e sono stati una testimonianza tra di noi. Ciò non vuol dire che Abele sia morto crocefisso a Roma... 209 Clemente il Romano, Epistola ai Corinzi, V, 1-6. 210 Clemente il Romano, Epistola verso i Corinzi, VI, 1-3. 211 Harnack, Einfuhrung in die alter Kirchengeschichte,1929, p. 107 212 Un altro elemento suggerito dai critici del testo di Clemente: Come è ben noto, Paolo è morto da cittadino romani, in seguito al processo intentatogli dai giudei. Anche se la data è ignota, gli storici ritengono che la sua morte sia avvenuta tra il 61 ed il 62 (Glinka J. Paolo di Tarso, Brescia, 1998, pag. 400-404). È strano il fatto che, nelle sue epistole, Clemente parli della morte di Pietro, il quale, seconod la tradizione, è avvenuta nel 64, e poi di quella di Paolo che è anteriore.

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4. La più importante osservazione. All’inizio dell’epistola (nei capitoli I-III), usa la

seconda persona plurale – “voi”: è arrivato ad essere “calunniato il vostro nome” (I, 1); chi non ha “ammirato la vostra devozione” (I, 2); “siete tutti umili” (II, 1); “tutta l’abbondanza è stata data a voi” (III, 1).

Dal terzo capitolo fino alla fine del libro (capitolo LXV), usa solo la prima persona plurale – “noi”: “siamo umili, sottoponiamoci a Dio, e così via…” (XIII-XV, 1,1,1). Ovunque troviamo solo la prima persona plurale – “noi”. Ciò suggerisce che l’anziano stia nella stessa posizione dei corinzi e chiede pietà a Dio.213 È evidente che l’espressione “gli uomini che sono stati tra di noi una meravigliosa testimonianza”, non si riferisca ai romani, ma ai romani ed ai corinzi insieme.

In seguito ad un serio studio della lettera di Clemente, uno dei più illustri professori italiani, E. Bonaiuti dichiara:

“Non si può dire né sulla base dei fatti, né su quella della terminologia che questa lettera possa essere considerata un argomento valido per l’arrivo di Pietro a Roma.214

La stessa posizione è confermata da Harnack: “Qui non abbiamo un chiaro argomento riguardante il fatto che Pietro sia venuto a Roma per soffrire una morte da martire.”215 Anche se Harnak crede che Pietro sia venuto a Roma nell’ultimo periodo della sua vita, non accetta quest’argomento.

CAPITOLO XII

IGNAZIO D’ANTIOCHIA AI ROMANI216

“Scrivo a tutte le chiese e ordino a tutti che io di mia spontanea volontà muoio per Dio, se voi non me lo impedite…Fate delle preghiere a Dio per me, affinché venga considerato, tra questi strumenti, un sacrificio per Dio. Non ve lo ordino come Pietro e Paolo. Loro erano apostoli, io condannato; loro, liberi, mentre io finora, detenuto. Anche se soffro sarò un liberato di Cristo.”. 217 Ignazio era il vescovo di Antiochia. Arrestato per ordine dell’imperatore Traiano e portato a

213 “non consigliando voi, ma ricordando anche a noi, che siamo sullo stesso campo di battaglia..” cap. VII, 1 Clemente il Romano, Epistola verso i Corinzi, XLVII, 6,7, in Scritti dei padri apostolici, Ed. Istituto biblico e di missione della Chiesa Ortodossa Rumena, trad. padre D. Fecioru, Bucarest, 1979, pag. 49. 214 Ernesto Buonaiuti, Storia del Cristianesimo, Newton & Compton Editori, Roma, 2003, p. 94. 215 Harnak , Einfuhrung in die alte Kirchengeschichte, 1929, p.107, O. Cullmann , Les causes de la mort de Pierre et de Paul d'après la témoignage deClément Romain , in «Revue de Histoire et de Philosophie Religeuses» 1930, pp. 294 ss; E. Molland , Propter invidiam.Note sur 1 Clém. , in «Evanos Rudbergianus» 1946, pp. 161 ; L. Sanders, L'hellénism de St. Clément de Rome et le paulinisme , 1943; 216Ignazio il Teoforo O. Perler , Ignatius von Antiochien und die romische Christusgemeinde , in «Divus Thomas» 1944, pp. 442 ; St. Schmutz , Petrus war dennoch in Rom , in «Benedikt Monatschrift» 1946, pp 122 ; M. Dibelius, Rom und die Christen in ersten Jahrhunder, Sitzungberichte des Heidelberger Akademie der Wissenschaften,Philologisch-Historische Klasse , Haidelberg 1942. 217 Ignazio verso i Romani, Cap. VI, 1,3, in Scritti dei padri apostolici, Ed. Istituto biblico e di missione della Chiesa Ortodossa Rumena, trad. padre D. Fecioru, Bucarest, 1979, pag.175.

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Roma qui subì il martirio. Era accompagnato, così come lui stesso ci dice, da dieci “leopardi”. 218 – dieci soldati romani. Durante questo viaggio, si ferma a Smirne219 e qui scrive una serie di lettere indirizzate ad altrettante chiese. Quella che ho menzionato è indirizzata ai romani. In questa si fa un riferimento: “ Non vi ordino come Pietro e Paolo…” Quindi, dice Duchesne, “se avesse saputo che Pietro non si trovava a Roma, non l’avrebbe menzionato nella lettera. Avrebbe detto probabilmente “Non vi ordino come Luca e Paolo” o “Aquila e Priscilla…”220 Ciò ci fa intendere che Pietro e Paolo si trovassero tra i romani. Almeno questo è quanto sostengono i teologi cattolici.

Il problema maggiore è legato agli scritti di Ignazio: la maggior parte sono considerati apocrifi, più precisamente l’opera di un vescovo ariano del IV o V secolo. Inoltre, secondo l’opinione dei critici, anche le Sette Lettere considerate autentiche hanno molte interpolazioni. Trumel (Delafosse) contesta le Sette lettere, dicendo che sono l’opera di un vescovo della Siria.221 Il teologo Carlo Papini, ha fatto uno studio completo, dimostrando la provenienza discutibile222delle Lettere. Anche la scuola tedesca di Karl Heussi, Adolf Bauer e altri ne negano l’autenticità. I loro argomenti si basano sul fatto che trattano soggetti di ordine gnostico, che sono comparsi nella Chiesa solo alla fine del II secolo.

Lasciando da parte queste questioni, analizziamo brevemente la “citazione di Ignazio”.

1. Lui non dice in modo chiaro che Pietro sia a Roma. 2. Nel capitolo IV, verso 1, dice: “io ordino a tutte le chiese.”, quindi non solo Pietro e

Paolo danno ordini, ma anche Ignazio…Va da sé che Ignazio non fosse arrivato ancora a Roma per ordinare – e neanche nelle altre chiese. I suoi ordini avvenivano a voce o tramite lettere.223 In questo modo Paolo ha impartito ordini ai romani, scrivendo la sua epistola. Non era necessaria la presenza fisica. Pietro poteva impartire ordini anche da Gerusalemme, avendo alle sue spalle l’autorità del Concilio, il quale si è rivolto in modo particolare ai popoli stranieri.

3. Il parallelismo con Pietro e Paolo è totalmente inadeguato. Nel terzo capoverso dice due cose inesatte:

1) Loro erano apostoli – io, un condannato. 2) Loro, liberi – io, finora, detenuto.

È giusta l’argomentazione che dimostra che Ignazio non avesse la minima idea della storia dei due apostoli. Se dobbiamo credere alla tradizione, allora i due apostoli erano già morti da più di 50 anni. Come poteva l’anziano di chiesa Ignazio paragonarli a se stesso, dicendo che loro sono liberi e lui un detenuto…? Evidentemente, lui usa i loro nomi solo perché erano noti tra i cristiani, e non per il loro stato fisico. Oscar Cullman chiarisce il senso di questa frase. Lui intendeva dire: “io non vi ordino come se fossi Pietro o Paolo.”224 Gli ordini degli apostoli sono incisi nelle Scritture, mentre la parola di Ignazio è il grido di un moribondo.

218 “Dalla Siria fino a Roma combatto con le bestie sulla terra ferma e sul mare, notte e giorno, circondato da dieci leopardi, ossia un gruppo di guardie” Ignazio ai Romani, cap. V,1. 219 Ignazio ai Romani, cap. X,1., scritta nel “nono giorno prima delle calende di settembre”. 220 Francesco di Silvestri Falconeri, op. cit, p. 46. 221 Le Lettere di Ignazio d’Antiochia, in Manuscrisul Colbertin della Biblioteca nazionale di Parigi sec.X e Mediceo-Laurenziano di Firenze del sec. Xi-XVII. La situazione delle Sette lettere: H. Delafosse, Joseph Trumel, Nouvel examen des letrres d’ignace d’Antioche, „Revuie d’histoire et de lit. Religieuses” 1922, Parigi, pp.333-334. 222 Carlo Papini, Pietro a Roma, Caludiana,Torino,2006, pp. 107-109. 223 Tramite lettere, lui “ordina agli efesini”; Ignazio Lettera verso gli Efesini, III, 1. 224 Oscar Cullmann, Saint Pierre, cit. p. 97.

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CAPITOLO XIII

DIONISIO DI CORINTO

Dovete quindi, con la vostra più vivida esortazione, riunire insieme i prodotti della semina di Pietro e di Paolo a Roma ed a Corinto. Poiché entrambi hanno seminato la parola del Vangelo anche a Corinto, e insieme lì ci hanno istruiti, nello stesso modo in cui insieme ci hanno istruiti, in Italia ed insieme hanno patito il martirio. Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica, II, XXVIII.

Il vescovo Dionisio (intorno all'anno 170) è il primo che parli chiaramente dell’opera di Pietro a

Roma. Egli scrive ai romani un’epistola, della quale sono rimasti dei frammenti, conservati da Eusebio di Cesarea. Di nuovo Eusebio…

Nei frammenti mantenuti, loda i romani per la loro generosità, poi informa che a Corinto si legge continuamente la lettera di Clemente il Romano. Non è fatto alcun riferimento alle Epistole dell’apostolo Paolo e neanche a nessun altro scritto canonico. Dopo questa introduzione lui continua esortando a:

“…riunire insieme i prodotti della semina di Pietro e di Paolo a Roma ed a Corinto. Poiché entrambi hanno seminato la parola del Vangelo anche a Corinto, e insieme lì ci hanno istruiti, nello stesso modo …”.225 Ecco quindi una prova che Pietro e Paolo sono stati insieme a Roma ed hanno “seminato la

Parola”. In realtà, le parole di Dionisio contengono un errore molto grave, che ne compromette la validità: Pietro non ha mai operato a Corinto con Paolo. Non abbiamo nessun argomento a favore del fatto che lui abbia visitato Corinto e, anche ammesso che l’abbia fatto, non esiste alcuna precisazione che si riferisce al viaggio con Paolo.

La dichiarazione che Pietro e Paolo abbiano operato insieme non ha alcun supporto biblico. Da nessuna parte nelle Scritture non sono presentati insieme – in Galati compare un dissenso evidente: Un’opera per i giudei, l’altro per gli stranieri. Quindi la citazione del vescovo Dionisio manca di ogni valore storico.

CAPITOLO XIV

PIETRO E’ MAI STATO A ROMA?

225 Eusebio di Cesarea, Historia Ecclesiastica, II, 25, 8.

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Gli argomenti che abbiamo presentato ci fanno porre nuovamente la domanda: Pietro è mai stato a Roma?

Una risposta diretta ed immediata è difficile da dare. Poiché non abbiamo nessuna prova biblica evidente e neanche argomenti seri durante le prime due generazioni, la prima risposta può essere negativa. Gli “argomenti solidi” di cui abbiamo parlato sono affermazioni dei padri della chiesa dei secoli successivi.

Pietro era un uomo sposato. Passata la prima giovinezza, era certamente più vecchio della maggior parte dei discepoli. Non era un grande viaggiatore, come Paolo. Quest’ultimo era anche cittadino romano, era celibe, giovane, senza obblighi sociali, e non era legato alle istituzioni di Gerusalemme. Aveva girato l’Oriente in lungo e in largo e pianificava di raggiungere la Spagna, il limite dell’Occidente.

A sua differenza, Pietro viaggiava insieme alla sua famiglia226 e non gli vengono riconosciuti che pochi viaggi missionari: Galilea, Gerusalemme, Tiro, Sidone, Antiochia…227 Aveva in carico la missione per i giudei. Perché avrebbe dovuto affrontare un viaggio così lungo fino a Roma? Lui parlava aramaico e non greco. Anche ammesso che avesse conosciuto il greco, essendo nato a Betsaida, non compare da nessuna parte come conoscitore della lingua greca.

Non possiamo però, escludere totalmente anche la possibilità che egli sia stato a Roma nell’ultima parte della sua vita. Le poche testimonianze potrebbe indicare questo. Ellen White, riguardo a questa possibilità, dice:

“Nella Sua provvidenza, Dio ha permesso a Pietro di finire la sua opera a Roma, dove la sua carcerazione è stata ordinata dall’imperatore Nerone, circa al tempo dell’ultimo arresto di Paolo…”.228

Il fatto sicuro è che Pietro non ha ricoperto il seggio vescovile di questa città e neanche quello di

un’altra.229 Non è stato vescovo per venticinque anni, così come continua a sostenere ufficialmente la Chiesa. Non ha fondato la chiesa cristiana di Roma. Non ha avuto una cattedra apostolica. Non ha a che fare con il dogma dei morti o con il culto delle reliquie, istituiti secoli più tardi. Non ha avuto una relazione speciale con la chiesa romana. La successione apostolica non è stata lasciata al papa Lino ma, così come ci dice la Scrittura, a Marco “suo figlio”230 ed a coloro che s’identificavano con la sua fede. Morto a Roma, tutto quello che ha donato alla città è stato il suo sangue, che non era più santo del sangue delle migliaia di martiri morti nelle arene romane.

226 1 Corinthians 9:5 Non abbiamo il diritto di condurre con noi una moglie, sorella in fede, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa? 227 Vedi Atti degli apostoli e Kerygma Petri, scritta nel II secolo. Queste trattano della predicazione missionaria in Tiro, Sidone e Cesarea, in J. Danielou e H.Marrou, Nouvelle Histoire de l’Eglise, vol.I, Parigi, Seuil, 1963, p.81. 228 Ellen White, Storia degli Atti degli Apostoli, Vita e Salute, Bucarest, 1999, p. 537 229 La Chiesa apostolica è stata guidata dal Collegio degli anziani (o dei vescovi) e non da un solo leader spirituale. Vedi Atti degli apostoli cap. 15. 230 1 Pietro 5,13

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CONCLUSIONI

Il 27 giugno 1968, i giornali italiani scrivevano a lettere cubitali: “Papa Paolo VI ha annunciato, davanti ad una folla di ventimila persone, che sono state identificate le ossa di Pietro”. La folla ha applaudito a lungo questa “buona notizia”. Era la conferma visibile del fatto che l’apostolo Pietro fosse venuto a Roma.

Trenta anni dopo l’annuncio fatto dal papa, ci chiediamo ancora: è veramente una buona notizia? Qualcuno dice di si! Altri dicono di no! Altri ancora si astengono… Indipendentemente dalla risposta che riceviamo, se le ossa sono o no di Pietro, per il cristiano autentico, poco importa. La sola “buona notizia” che troviamo nel Vangelo231 non ha niente a che fare con le ossa di nessuno, siano anche quelle del discepolo di Galilea. La vera fede si trova esattamente al polo opposto. Quando i discepoli sono andati a cercare la tomba di Gesù, non vi hanno trovato alcun corpo ed alcun osso. Gesù era vivo. Non le ossa di Pietro e nemmeno quelle di Gesù, ma la risurrezione del Salvatore, questa è l’unica Buona notizia che deve essere presentata.

La chiesa non è fondata su una tomba piena, reale o immaginaria che sia, ma sulla tomba vuota di Gesù. Dio non è un Dio dei morti, ma dei vivi. Ecco la sola e straordinaria Buona Notizia.

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